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Ubu Re
di Alfred Jarry
traduzione di Fabio Cherstich, Luigi Serafini, Tommaso Capodanno
regia Fabio Cherstich
scene e costumi Luigi Serafini
musica Pasquale Catalano
con Massimo Andrei, Gea Martire, Sara Borsarelli
Marco Cavalcoli, Alessandro Bandini, Francesco Russo
e con Julien Lambert
info e orari spettacolo
ore 20.00
sabato 24 luglio ore 19.00
domenica 25 luglio riposo
biglietti
intero 15 euro - ridotto 10 euro
durata 1 ora e 40'
il botteghino dal 20 al 30 luglio, sarà aperto solo in orario di spettacolo, 3 ore prima dell’inizio.
Dopo il successo internazionale del progetto Operacamion, il regista Fabio Cherstich torna nella capitale per invadere l’intero spazio del Teatro Argentina con la forza di un caposaldo del teatro contemporaneo: Ubu Re di Alfred Jarry. Un testo prorompente che intreccia la satira del potere e il gusto per la provocazione con la sperimentazione linguistica, che giunge nella sala trasformata dalla sabbia dell’Argentina in una nuova traduzione per la scena. A rivoluzionare ancora il testo e lo spazio teatrale, alla regia di Cherstich si intreccia la visionarietà di Luigi Serafini – artista e autore del Codex Seraphinianus, membro del Collège de ‘Pataphysique, da cui discende lo stesso Jarry –, al fianco del regista per curare la parte visiva e drammaturgica dell’allestimento. L’Ubu Re Cherstich e Serafini nasce da un approccio site-specific alla scena, che ripensa la struttura del testo per spostarne le possibili letture: Jarry si fa personaggio, emergono per la prima volta alcune interpretazioni e giochi linguistici, la lingua si connota, “sporcando” la scena teatrale di napoletano, di francese, ecc. Seguendo la lezione della ‘Patafisica, scienza delle soluzioni immaginarie, l’immaginazione in Ubu Re diventa categoria di lettura della realtà. La platea del Teatro Argentina si trasforma e accoglie un inaspettato arenile suburbano che fa da scena surreale a questa nuova versione di Ubu Re. Compaiono strutture di tubi innocenti, costumi che assomigliano a opere d’arte e altri marchingegni, in uno spettacolo che pone uno dei testi fondamentali del nostro teatro direttamente in dialogo con l’arte visiva, con la storia, con la letteratura.
Théâtre de l’Œuvre di Parigi, 10 dicembre 1896.
Tra applausi scroscianti, insulti e violente scazzottate, debuttava l’Ubu Roi, opera prima di Alfred Jarry. Nella Parigi fin de sìècle, dopo i traumi provocati dalla caduta del Secondo Impero e poi della Comune, cominciarono a comparire inaspettati personaggi. Alfred Jarry fu uno dei primi componenti di una sorta di genio-guastatori, che metterà in crisi tutti i paradigmi preesistenti, per dare così forma alla Modernità. (…) Definito proto-dadaista dai dadaisti, proto-futurista dai futuristi, proto-surrealista dai surrealisti, proto-assurdista dagli assurdi e proto-postmodernista dai postmoderni il suo lavoro li ha preceduti tutti e ha trovato nella scrittura di Ubu la sintesi perfetta. Il personaggio di Padre Ubu "simboleggia l’apoteosi del ventre e il trionfo del grugno nella Storia universale“ e non offre altro che la personificazione dei più sconsolanti aspetti della condizione umana. Ubu è grottesco, maleducato, avido, goloso, stupido, arrogante, ma paurosissimo. Brama il potere, ma poi non sa gestirlo (…).
Eserciti che lottano con sé stessi, contadini con nomi di nobili trucidati sulla pubblica piazza, macchine per decervellare e parate d’ispirazione sovietica. Tutto questo è Ubu Re, una satira feroce sulla brama di potere e sulle sue tragicomiche conseguenze, un attacco poetico e terribile alla società, alle sue regole e alle sue convenzioni.
disegno luci Emanuele Lepore
consulenza alla coreografia Alberto Bellandi
assistente alla regia Tommaso Capodanno
assistenti alle scene Marta Montevecchi, Alessandra Solimene
maschera di scena Margherita Cerrai
foto di Claudia Pajewski
produzione Teatro di Roma - Teatro Nazionale
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