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Dal 10 al 15 aprile al Teatro India originale riscrittura di Antonio Piccolo, drammaturgo rivelazione del Premio Platea, che rivisita l’Antigone, ma vista dagli occhi del figlio di Creonte, Emone, sul ritmo di un napoletano reinventato
EMONE
LA TRAGGEDIA DE ANTIGONE SECONNO LO CUNTO DE LO INNAMORATO
di Antonio Piccolo
regia, scene, costumi e disegno luci Raffaele Di Florio
musiche Salvio Vassallo
con Paolo Cresta (Creonte), Gino De Luca (Guardia),
Valentina Gaudini (Antigone), Anna Mallamaci (Ismene), Marcello Manzella (Emone)
assistente scene e costumi Chiara Pepe - direttore di scena Nicola Grimaudo
datore luci Christian Paul Ascione - fonico Diego Iacuz
Produzione Teatro di Roma – Teatro Nazionale, Teatro Stabile di Napoli – Teatro Nazionale,
Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale in collaborazione con P.L.A.TEA Fondazione per l’Arte Teatrale
Testo vincitore del Premio Platea 2016
Sala Squarzina 11 aprile ore 17.00 - ingresso libero
presentazione del libro Emone di Antonio Piccolo ed. Einaudi
saranno presenti Antonio Calbi, Filippo Fonsatti, Mauro Bersani, Antonio Piccolo e Raffaele Di Florio
Dal 10 al 15 aprile al Teatro India debutta Emone. La traggedia de Antigone seconno lo cunto de lo innamorato, del giovane drammaturgo napoletano Antonio Piccolo che rivisita l’Antigone di Sofocle, ma vista dagli occhi del figlio di Creonte (per l’appunto Emone), col tramite di una lingua di nuovo conio portata ai nostri tempi, vincitore della prima edizione del “Premio Platea per la Nuova Drammaturgia” (pubblicazione Einaudi).
Un’originale riscrittura in cui il mito rivive sul ritmo di una lingua quasi inventata, un dialetto napoletano che mescola alto e basso, registri letterari e popolari, nella messinscena di Raffaele Di Florio, su produzione del Teatro di Roma – Teatro Nazionale, Teatro Stabile di Napoli – Teatro Nazionale, Teatro Stabile di Torino –Teatro Nazionale, in collaborazione con P.L.A.TEA. Fondazione per l’Arte Teatrale.
Antonio Piccolo ripropone l’emblematica storia dell’eterno conflitto tra autorità e potere della celebre “Antigone” di Sofocle, attraverso lo sguardo di Emone, personaggio minore della tragedia, figlio di Creonte, promesso sposo dell’eroina sofoclea. Con alcune varianti che riguardano, tra l’altro, i rapporti tra Ismene, la sorella di Antigone, e lo stesso Emone. «Le parole di questo dramma – spiega l’autore Antonio Piccolo – vanno lette tutte per intero, senza troncamenti, aferesi o elisioni, tranne dove indicato con l’apostrofo. Richiedono, insomma, che si leggano non come parla il napoletano contemporaneo, bensì come si usa fare con la lingua di Giovan Battista Basile, che è il principale – ma non unico – inarrivabile maestro a cui questo testo si ispira. Le libertà linguistiche restano comunque tante e tali perché si è giocato, in maniera presepiale e volutamente naïf, con vocaboli e codici dalle derivazioni più disparate, compresi quelli provenienti direttamente dalla fantasia dell’autore».
Una riproposta originale dell’opera di Sofocle che attraversa tutti i generi teatrali, dalla commedia alla farsa, alla tragedia, sul ritmo dell’affascinante dialetto napoletano che mescola lirismo e comicità. Il mito rivive così nella sua sostanza più autentica, specchio antico e rinnovato per parlare allo spettatore di oggi d’amore, di politica, di rapporti tra padri e figli. Un testo che sfida i parametri consueti del teatro contemporaneo riuscendo a sorprendere, divertire e commuovere. «Ciò che colpisce maggiormente del testo di Piccolo – dichiara il regista Raffaele Di Florio – è la diversa angolazione dalla quale viene raccontata la storia della ‘disubbidienza’ di Antigone (inscritta nella cosiddetta saga dei Labdacidi, ossia nelle vicende di Laio, di Edipo e dei suoi discendenti). L’invito dell’autore, infatti, è quello di osservare i fatti attraverso gli occhi del cugino/promesso sposo Emone, uno di quei personaggi apparentemente minori, ma che invece contribuiscono a fare la Storia. Un punto di vista ‘decentrato’ che mi ha fatto pensare alle Folk Songs di Luciano Berio, il ciclo di canti popolari provenienti dalla tradizione orale di vari paesi: uno sguardo sulla Storia attraverso comunità diverse che ‘fanno la Storia’ pur non essendo protagoniste».
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