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Ho cominciato a ricordare che in questo posto dove non c'era mai nessuno mi sedevo a terra al tramonto e stavo. Ho cominciato a ricordare che guardavo in cielo e aspettavo. Aspettavo aspettavo fino a quando non passava un aeroplano. "Ma vai a sapere sta gente dove va?", pensavo. Pensavo come può pensare un bambino che non aveva mai visto niente del mondo. "Vai a sapere che si prova a stare in cielo?".
Ho cominciato a ricordare che quando l'aeroplano era sparito dall'orizzonte, chiudevo gli occhi e l'aeroplano tornava un'altra volta indietro nella mente, stringevo gli occhi più forte e mo potevo vedere pure dentro all'aeroplano, che poi non sapendo com'era fatto me lo pensavo tale e quale a un postale, ma proprio tale e quale, con l'autista allo sterzo che fumava e la gente attorno a fare domande:
- "Ma quando arriviamo?".
- "Oggi è un poco fuori orario, però, eh".
- "Non le potresti prendere più piano quelle curve per favore che mi toccano lo stomaco?".
Me lo pensavo proprio come quei postali con quelle signore anziane che danno sempre fastidio all'autista:
- "Io dovrei scendere un poco poco prima della fermata, me lo faresti il piacere di farmi scendere proprio davanti alla Esso?".
Pensavo che dietro a sta signora anziana ci stavano seduti mamma e papà, che papà era finalmente tornato dall'Italia, era tornato in Albania ed era venuto a pigliarci. E approfittando di un momento che la signora anziana stava zitta, che finalmente quelle curve lo stomaco gliel'avevano toccato, ho fatto a papà:
- "Papà, dove andiamo?".
- "Eh", fa lui, "andiamo nel posto più bello del mondo".
- "E qual è sto posto più bello del mondo?", facevo io.
- "L'Italia".
- "E com'è st'Italia?".
- "Eh, è un posto bellissimo l'Italia", faceva lui.
Gli facevo tutte quelle domande ingenue che può fare un bambino che non aveva mai visto niente del mondo.
- "E perché è un posto bellissimo?".
- "Ma perché in Italia ci sono le città più belle del mondo: Firenze, Roma, Venezia. Non c'è cosa più bella che essere italiani".
- "E perché non c'è cosa più bella che essere italiani?", facevo io.
- "Ma perché in Italia siamo tutti pittori, musicisti, cantanti".
Al punto che quando poi siamo tornati veramente in Italia, scendendo a Roma dal treno io m'aspettavo un'orchestra, con la gente che suonava ballava e cantava. E invece non suonava e ballava nessuno, e tantomeno cantava nessuno, anzi c'hanno tenuti bloccati cinque giorni in questura e zitti, e se reclamavamo ci guardavano pure storto e zitti lo stesso.
- "Ma guarda st'albanesi...", dicevano i poliziotti.
- "Non c'è cosa più bella che essere italiani", diceva papà.
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