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Come è nato, da musicista e compositore, il suo rapporto col teatro?
In maniera del tutto casuale. L'anno scorso Alessandro D'Alatri, per il suo Scene da un matrimonio tratto dalla commedia e dal film di Bergman, cercava qualcuno che gli componesse delle musiche originali fatte di sola chitarra. Una amica comune ci mise in contatto. Non avevo mai avuto esperienza di musiche per il teatro. La trama, i caratteri mutevoli dei personaggi, la complessità del testo di Bergman mi preoccupava non poco, ma ho sempre amato cimentarmi con situazioni che non mi lasciano tranquillo, dunque ho accettato di buon grado il suo invito. Il risultato finale ha avuto giudizi molto positivi. Tra questi quello di Gabriele Lavia che ebbe modo di assistere alle prove dello spettacolo al teatro comunale dell'Aquila. Qualche tempo dopo mi telefonò per propormi le musiche de I masnadieri. Una richiesta che mi ha onorato e che, dato il nome e il prestigio del richiedente, mi si prospettava ancora una volta come una nuova sfida.
Mi sono solo riservato di dare una risposta dopo aver letto il testo. Rimasi perplesso dalla lettura ma nel parlarmi dell'adattamento che aveva in mente per l'opera di Schiller, Lavia mi trasmise un tale entusiasmo, da soffocare ogni dubbio. Dell'opera originale mi colpì il clima di aperta disperazione che veniva raccontato negli eventi di allora. Un clima, un'aria che però si annusa anche oggi (come si intuisce bene dal riadattamento) non solo attraverso circoscritti fatti di sangue e di delinquenza, un'aria che penetra in modo diffuso e popolare fino a intrufolarsi attraverso il dubbio di una comune esistenza senza certezze, nell'intimità di tanta gente insoddisfatta che si sente tradita non solo dalle persone, ma dalla società, dal suo modello non all'altezza di soddisfare i veri bisogni della persona. Un'insoddisfazione che mina la voglia di resistere, di ribellarsi, sfiancati da un vivere per abitudini, per convenienze materiali, rendendoci cosi più facilmente prevedibili, e quindi condizionabili.
Una nuova sfida che dunque prelude ad altro?
Non lo so. Sinceramente non so se tutto finirà qui, o se il mio rapporto col teatro avrà un seguito. Per il momento mi piace guardare il presente. Non saprei nemmeno dire se questa sfida è stata facile o difficile perché quando mi appassiono a qualcosa, mi intriga cercare corrispondenze musicali, risposte di suono, provare differenti soluzioni. E poi mi piace confrontarmi con persone che sanno dare stimoli forti. In questo caso, per esempio, nel pensare alle musiche, c'è stato un confronto diretto, addirittura alcuni dei temi che ho composto sono venuti fuori non tanto da un lavoro per così dire a tavolino,‘razionale', ma da sensazioni che mi arrivavano direttamente dalla voce recitante di Lavia che, durante un paio di incontri preliminari, mi faceva vivere intere parti del testo: lui recitava, impersonava i diversi personaggi, io ascoltavo e immaginavo musicalmente. Lavia mi faceva entrare in situazioni, atmosfere, azioni che sul momento hanno trovato un nuovo, diverso linguaggio: quello delle mie emozioni diventate suono attraverso lo strumento della mia chitarra. Il tema di Karl, ad esempio, è nato così, come alcuni spunti delle canzoni cantate in scena dagli attori come "Maledetti voi".
Ha compiuto delle scelte precise?
In realtà questo lavoro passa attraverso una serie di situazioni davvero speciali che mi auguro portino fortuna. Ne cito una. A me spesso piace scrivere per il piacere di scrivere, e se realizzo o incido brani musicali, canzoni, non sempre è per pubblicare. Tra le musiche dei Masnadieri infatti, si nasconde una musica a cui tengo tantissimo da molto tempo. Una musica che scrissi sperimentando anche la sonorità di un particolare strumento popolare medioevale: la ghironda: strumento occitano, dei menestrelli francesi, ma presente e molto diffuso in molte parti d'Europa. Vivendo dall'interno l'adattamento di Lavia, mi sono persuaso che non c'era di meglio della Ghironda per datare, far percepire attraverso il suo suono (non attraverso lo stile o il linguaggio musicale) il clima di un non ben definito periodo della nostra storia passata. I vari temi dei Masnadieri vedono così la ghironda come grande protagonista. Quel tema ha come origine l'aria di una canzone che viene proposta col mio canto dopo la chiusura del sipario: la canzone di Auracantar. Con il consenso di Lavia ne ho rivisto il testo proprio per dare un po' di fiato allo spettatore fortemente provato dalle forti emozioni degli eventi. Tema e canzone sono rimasti in attesa nel mio studio per più di quindici anni prima di trovare il loro posto nel mondo.
Altra scelta precisa è stato puntare sulla sonorità senza tempo della chitarra. Un insieme di sonorità di chitarra dalle più arcaiche e popolari alle più moderne e inquietanti, spesso suonate in tanti modi inusuali, fuori norma. Ho scelto come forma musicale principale l'approccio minimalista. Quasi tutte le composizioni hanno questo carattere, sono figlie di un ripetersi continuo delle parti essenziali per riprodurre il nostro ritmo di vita sempre scandito da elementi ripetitivi, seriali. Un minimalismo fatto perlopiù da chitarre ‘classiche', il che contribuisce ad unire inconsciamente in un tutt'uno temporale, presente e passato. Ci sono anche molte chitarre elettriche spesso suonate volutamente in modo a-sentimentale, quasi oggettivo, ficcante.
Altra scelta precisa sono state le percussioni, utilizzate per dare l'idea della tribù, dell'insieme, del selvaggio, della naturalità popolare. Le composizioni sono divise in temi. Il principale è senz'altro quello dei Masnadieri. Poche note. Realizzato in diverse variazioni è proposto spesso nel corso della rappresentazione, un tema che si espande fino a diventare appunto la canzone che conclude lo spettacolo. Mi piace ricordare l'importante lavoro che ha fatto mio figlio Sandro nel curare la produzione, specie il montaggio delle strutture minimaliste di cui ho detto.
Lei ha parlato del mondo de I masnadieri come un mondo disperato, qualcosa di molto diverso dall'idea ‘banale' del Romanticismo...
Avevo scritto un paio di temi con un'idea più ‘romantica', perché anche se mi era chiara l'atmosfera di disperata attualità con cui Lavia ha riletto il testo di Schiller, c'era una figura femminile, Amalia, che mi immaginavo più dolce. Per Lavia era invece decisamente una ‘tosta', dark, bastonata, incazzata. I temi musicali come "Maledetti voi" hanno quindi acquistato una valenza molto più dura, amara. Altre variazioni ci sono state negli ‘accenni canzone' interpretate dal gruppo dei Masnadieri (Eroi del buio - Il sole muore) che ora sono cantati dagli attori in modo scanzonato, da inconsapevoli incoscienti, come se il testo fosse l'occasione per prendersi in giro. Uno dei lati interessanti del comporre musica per il teatro è il confronto col regista, specie se la regia l'ha in mano un gigante come Lavia a cui interessa molto che la musica in scena lavori in sinergia con le intenzioni più nascoste del testo. A proposito di testi. Una cosa che mi ha dato grande soddisfazione è aver potuto scrivere personalmente i testi di tutte le canzoni, alcune ovviamente tratte direttamente dall'opera di Schiller.
Può fare un bilancio di questo suo lavoro con Lavia?
Positivo senz'altro, anche se certamente impegnativo, nel senso del reale impegno temporale profuso. Intendo ore di studio. Alla fine sono stati registrati cinquantacinque momenti musicali di cui trentacinque originali ed altri costituiti da temi ripresi e rielaborati. Temi, ma anche sottofondi, ed effetti sonori forti. Dovendo dare un'immagine del lavoro che ho svolto, si può dire che è come se avessi fornito a Lavia un'ampia tavolozza colori, di emozioni, sentimenti, sensazioni in forma di suono. I diversi temi sono stati da me immaginati come caratteri, ovvero come colori, il corrispettivo sonoro interiore dei diversi personaggi. I modi con cui sono stati suonati, le sonorità, i ritmi lenti e agitati, sono invece il quadro sonoro delle loro tante diverse sfumature di intenzione, di emozione, i loro sentimenti privati. Più di due ore di musica a disposizione. A Lavia la scelta di dove piazzarle. Il risultato finale l'ho ascoltato all'anteprima, seduto tra il pubblico. E alla fine ho dovuto constatare che ha fatto ottime scelte e ne sono pienamente soddisfatto. Per quanto mi riguarda spero non solo che il lavoro nel suo insieme piaccia tanto e abbia successo, ma, visto che mi sto divertendo molto, mi auguro possa consentirmi di accumulare crediti per nuove sfide teatrali.
Franco Mussida
Milanese. Musicista e compositore. Ha oltre cinquanta anni di esperienza in diversi settori artistici: concertistico, formazione, ricerca sulla comunicazione musicale. La sua abilità di spaziare in ambiti diversi, compreso quello del disagio giovanile, e la sua lunga carriera concertistica l'hanno reso una figura del tutto particolare nel panorama internazionale. Il suo strumento è la chitarra. Primo tour europeo a quattordici anni con un gruppo di giovani talenti. Nel 1964 fonda, con Franz Di Cioccio, il gruppo "I Quelli" e nel 1970 la band più apprezzata e amata del Prog Italiano: la PFM (Premiata Forneria Marconi) nota in tutto il mondo. Della PFM ha scritto i brani più significativi, da "Impressioni di Settembre" a "La Carrozza di Hans". Le produzioni più recenti della band sono: "Stati di Immaginazione" (2008) e "PFM in Classic" (2011) che rivisita composizioni di grandi autori classici con l'Orchestra Sinfonica.
Nel 1978 cura la direzione artistica del progetto "PFM De André" e arrangia le nuove versioni dei brani "Il Pescatore" "Bocca di Rosa" "Marinella" e altri. La sua chitarra è presente nei più importanti dischi dei grandi cantautori italiani: da Battisti, a Paolo Conte passando per Guccini. Negli anni ‘80 Mussida si dedica a studi di filosofia, antroposofia e pedagogia, occupandosi attivamente di comunicazione musicale non verbale e sperimentazione didattica, e collabora con diverse università italiane. Nel 1984 è tra i fondatori del Centro Professione Musica di Milano tuttora scuola di formazione tra le più importanti d'Italia. Crea il primo laboratorio di Musica nel carcere di S. Vittore a Milano (1987/1994) e collabora con la Comunità (Exodus). Nel '93 pubblica Racconti della Tenda Rossa e nel '96 Accordo. Nel '98 compone la Sinfonia Popolare per 1000 Chitarre (ne dirigerà sette edizioni). Sempre aperto a nuove sfide, prima dei Masnadieri di Schiller, Franco Mussida ha scritto le musiche dell'adattamento teatrale di Scene di un matrimonio di Ingmar Bergman, per la regia di Alessandro D'Alatri. è in uscita un suo progetto che porta la Musica nelle gallerie d'arte.
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