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di Sofocle
traduzione Raul Montanari
regia Antonio Calenda
con Franco Branciaroli
Francesco Benedetto, Emanuele Fortunati, Gianfranco Quero, Alfonso Veneroso
e con (in o. a.) Livio Bisignano, Tino Calabrò, Angelo Campolo, Filippo De Toro, Luca Fiorino, Luigi Rizzo
scene Pier Paolo Bisleri
costumi Stefano Nicolao
musiche Germano Mazzochetti
luci Gigi Saccomandi
Teatro Stabile Friuli- Venezia Giulia, Teatro de Gli Incamminati, Teatro di Messina
Il destino tragico di Edipo, che ucciderà il padre e sposerà la madre, è uno dei temi più conosciuti di tutta la tragedia greca. Nella lettura di Antonio Calenda Branciaroli non interpreta solo Edipo ma altri personaggi della tragedia - lʼindovino Tiresia e Giocasta, madre e moglie del protagonista - a dimostrazione che in lui si concentrano tutti i frutti e le radici della colpa. Accanto allʼattore, un coro tutto maschile a fare da eco e moderno commento, proprio come nellʼantichità. «In un mondo smarrito, minaccioso, delle cui ombre sentiamo lʼincombere - commenta il regista - è emblematico rielaborare il percorso dal buio verso la chiarezza compiuto da Edipo: un percorso nella coscienza che allo stesso tempo è individuale, di intima analisi, collettivo...». LʼEdipo cui Franco Branciaroli da vita risponde allʼimmaginario mitteleuropeo: freudianamente disteso su un lettino, vive come in un sogno la propria ricerca, riscrivendo con parole di atroce verità il proprio passato. Perciò nellʼinterpretazione del protagonista si condensano, quasi attraverso momenti di trance, più personaggi della tragedia - oltre Edipo, Tiresia e Giocasta - a dimostrare che nella sua carne si convogliano tutte le radici della colpa. Il solo personaggio che si relaziona a lui dallʼesterno, è Creonte, simbolo del potere terreno.
Accanto a loro un coro maschile fa da ponte fra sogno e veglia, da eco e moderno commento. «In 45 anni di carriera - spiega Calenda - e oltre 120 regie non avevo affrontato il testo principe dellʼimpossibilità della conoscenza, della disperazione esistenziale, lʼassunto più alto della cecità del vivere, della caducità della percezione del reale. Edipo è lʼuomo alla ricerca di unʼidentità, ma ancor più di una colpa. Lʼincesto e il
parricidio sono due canoni del senso di colpa che segna la civiltà occidentale, su cui si è lavorato costantemente e soprattutto nel Novecento, da Freud a Lacan, attraverso Guattari, Deleuze, per arrivare a René Girard un filosofo contemporaneo che amo e mi ha ispirato molto».
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