Teatro India, 5 | 9 marzo .08
DI Letizia Russo
PROGETTO E REGIA Renzo Martinelli AIUTO REGIA E CONSULENZA DRAMMATURGIA Francesca Garolla
CON Gabriele Benedetti, Paolo Cosenza, Federica Fracassi
SCENE Renzo Martinelli
TECNICA Marco Preatoni
RINGRAZIAMO PER GLI APPORTI TEORICI AL PROGETTO Massimo Recalcati
Teatro i COPRODUZIONE Mittelfest
CON IL CONTRIBUTO DI IMAIE
orari spettacolo
mercoledì, giovedì, venerdì e sabato ore 21.00
domenica ore 18.00
Quello a cui assisterete tra poco è una specie di rito al quale conviene che tutti partecipino
M. Yourcenar
C’era una volta Natascha Kampusch. C’era una volta Wolfgang Priklopil.
C’era una volta una città, una casa, una cantina.
Una bella bambina litiga con la mamma e si allontana da casa, si avventura da sola per la città. Un uomo che sembra buono la rapisce e la rinchiude nella sua cantina. Natascha dovrà superare molte prove per guadagnare la fuga, l’età adulta e, forse, la libertà.
Quella di Natascha e Wolfgang è una fiaba, semplicemente. C’è una bambina indifesa, un orco dal quale scappare, una casa stregata nella quale Natascha rimane rinchiusa per lungo lungo tempo, otto anni. Il tempo di un incantesimo, o di una crescita. Una storia che potrebbe essere accaduta molto tempo fa, oppure appena ieri.
Dare al buio (la fine l’inizio)
è uno spettacolo composto da due tempi diversi di un'unica storia che divora la storia di Natascha Kampusch e la reinventa nella fiaba di W e K.
Chi è il protagonista e chi l’eroe, chi il cattivo e chi il buono, qual è l’incantesimo?
In
Dare al buio (la fine)
W si uccide. Viene esplorato, dilatandolo all'infinito, quel secondo di sconvolgimento del fluire del tempo e della geometria dello spazio che segue l’istante della morte di una persona amata. Il potere della parola evoca e ricrea il mondo isolato che W ha costruito per K. Il dato giornalistico si opacizza, i fatti diventano come il retro di uno specchio che ci guarda.
Dare al buio (l'inizio)
è un disegno a due dimensioni. I personaggi, ridotti a pure figure, attraversano lo specchio per guardarci direttamente negli occhi. Ripercorrono gli eventi nel loro accadere, componendo una storia che appare allo spettatore come un imperscrutabile e a tratti feroce viaggio, composto da istanti separati e autonomi. Un tempo esploso, non cronologico ma circolare, che segue il ritmo delle pulsazioni della vita: l'educazione, l'amore, l'annientamento.
Otto anni di vita e un solo secondo di morte hanno lo stesso peso, sulla bilancia di questa fiaba.
Dare al buio
significa dare alla luce in un mondo alla rovescia. Un mondo con le sue parole, i suoi gesti, le sue regole: il mondo di WK. W insegna a K un amore senza sesso, un amore di madre. K lo ricambia con fiducia, come un animale domestico, come un gatto. Eppure K rimane inafferrabile. K con il suo bagaglio di anima e ossa, è l’unica cosa che W non riesce a controllare. Buoni e cattivi si confondono, ma qui i ruoli non sono scontati.
Una storia senza tempo, universale e archetipica, che va oltre ogni trama e ogni articolo di giornale, oltre ogni giudizio. Una fiaba che abbiamo deciso di abitare perchè ci riguarda. Una fiaba che è il rito della nascita e della morte, della paura e dell’amore, dell’incontro e della fuga. Un rito al quale si deve partecipare e che si ripropone, uguale e diverso in ogni storia, in ogni vita. E spesso il lieto fine è diverso da quello che ci si aspetta, ma la fine di una fiaba è la fine di una fiaba.
PROGETTO E REGIA Renzo Martinelli AIUTO REGIA E CONSULENZA DRAMMATURGIA Francesca Garolla
CON Gabriele Benedetti, Paolo Cosenza, Federica Fracassi
SCENE Renzo Martinelli
TECNICA Marco Preatoni
RINGRAZIAMO PER GLI APPORTI TEORICI AL PROGETTO Massimo Recalcati
Teatro i COPRODUZIONE Mittelfest
CON IL CONTRIBUTO DI IMAIE
orari spettacolo
mercoledì, giovedì, venerdì e sabato ore 21.00
domenica ore 18.00
Quello a cui assisterete tra poco è una specie di rito al quale conviene che tutti partecipino
M. Yourcenar
C’era una volta Natascha Kampusch. C’era una volta Wolfgang Priklopil.
C’era una volta una città, una casa, una cantina.
Una bella bambina litiga con la mamma e si allontana da casa, si avventura da sola per la città. Un uomo che sembra buono la rapisce e la rinchiude nella sua cantina. Natascha dovrà superare molte prove per guadagnare la fuga, l’età adulta e, forse, la libertà.
Quella di Natascha e Wolfgang è una fiaba, semplicemente. C’è una bambina indifesa, un orco dal quale scappare, una casa stregata nella quale Natascha rimane rinchiusa per lungo lungo tempo, otto anni. Il tempo di un incantesimo, o di una crescita. Una storia che potrebbe essere accaduta molto tempo fa, oppure appena ieri.
Dare al buio (la fine l’inizio)
è uno spettacolo composto da due tempi diversi di un'unica storia che divora la storia di Natascha Kampusch e la reinventa nella fiaba di W e K.
Chi è il protagonista e chi l’eroe, chi il cattivo e chi il buono, qual è l’incantesimo?
In
Dare al buio (la fine)
W si uccide. Viene esplorato, dilatandolo all'infinito, quel secondo di sconvolgimento del fluire del tempo e della geometria dello spazio che segue l’istante della morte di una persona amata. Il potere della parola evoca e ricrea il mondo isolato che W ha costruito per K. Il dato giornalistico si opacizza, i fatti diventano come il retro di uno specchio che ci guarda.
Dare al buio (l'inizio)
è un disegno a due dimensioni. I personaggi, ridotti a pure figure, attraversano lo specchio per guardarci direttamente negli occhi. Ripercorrono gli eventi nel loro accadere, componendo una storia che appare allo spettatore come un imperscrutabile e a tratti feroce viaggio, composto da istanti separati e autonomi. Un tempo esploso, non cronologico ma circolare, che segue il ritmo delle pulsazioni della vita: l'educazione, l'amore, l'annientamento.
Otto anni di vita e un solo secondo di morte hanno lo stesso peso, sulla bilancia di questa fiaba.
Dare al buio
significa dare alla luce in un mondo alla rovescia. Un mondo con le sue parole, i suoi gesti, le sue regole: il mondo di WK. W insegna a K un amore senza sesso, un amore di madre. K lo ricambia con fiducia, come un animale domestico, come un gatto. Eppure K rimane inafferrabile. K con il suo bagaglio di anima e ossa, è l’unica cosa che W non riesce a controllare. Buoni e cattivi si confondono, ma qui i ruoli non sono scontati.
Una storia senza tempo, universale e archetipica, che va oltre ogni trama e ogni articolo di giornale, oltre ogni giudizio. Una fiaba che abbiamo deciso di abitare perchè ci riguarda. Una fiaba che è il rito della nascita e della morte, della paura e dell’amore, dell’incontro e della fuga. Un rito al quale si deve partecipare e che si ripropone, uguale e diverso in ogni storia, in ogni vita. E spesso il lieto fine è diverso da quello che ci si aspetta, ma la fine di una fiaba è la fine di una fiaba.
News
-
Visita spettacolo al Teatro India
-
Il compratore di anime morte
-
“L’eco der core” Roma com’era, Roma com’è nei testi e nelle canzoni di Roma
-
Visita spettacolo al Teatro India
-
Una giornata fatale del danzatore Gregorio Samsa
-
Roma in versi
-
È nato il nuovo canale Instagram della Fondazione Teatro di Roma!
-
Teatro di Roma, nominato il nuovo Consiglio di Amministrazione
-
Il Teatro di Roma diventa Fondazione
-
Carta Giovani Nazionale
-
Art Bonus - Sostieni il tuo teatro!