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I fantasmi del Valle
di Andrea Pocosgnich
«Qui cosa dovresti sentire?» chiede Antonietta, «una generica nostalgia…» risponde Daniel. «Ma noi la generica nostalgia non possiamo recitarla, abbiamo bisogno di precisione».
Antonietta Bello e Roberto Scarpetti si muovono con energia, vigore e attenzione scrupolosa tra la platea di sedie, con gli occhi verso i palchetti. Siamo al Teatro Valle, dunque in una sorta di dorato privilegio in cui il teatro settecentesco ci esclude dalla vita esterna. Questo workshop, voluto dal Teatro di Roma (come uno dei suoi percorsi di alta formazione), è iniziato diversi mesi fa, il mondo era già cambiato, per l’ennesima volta, drasticamente e con violenza: Antonietta e Roberto mi chiamano, selezionano, tra centinaia di richieste, un drappello di attrici e attori a cui aprire gli spazi di India e Valle, mi chiedono di pensare a un momento teorico, di introduzione e di provare ad essere uno sguardo critico e laterale. Il progetto prende le mosse dai Sei personaggi in cerca d’autore di Luigi Pirandello, nella coda di un centenario festeggiato proprio il 9 maggio del 2021, cento anni da quando al Valle di fronte a un pubblico fortunato, indiavolato e partigiano come nelle curve di uno stadio, cambiava per sempre il teatro e la sua Storia.
Prima di entrare nello storico spazio però, a marzo ci chiudiamo a India per guardare al cuore della filosofia creativa di Pirandello: studiamo i passaggi, i racconti dai quali lentamente, ma già con evidenza, tutto nasceva e prendeva forma. La sfida del percorso dunque appare chiara da subito: creare dei personaggi, piccole storie in cui possa palpitare la vita, prima come consesso di anime e poi come mondi incarnati nei corpi degli attori e delle attrici. Perché un personaggio, creato dalla fantasia dell’autore, può essere vivo quanto lo siamo noi, se non di più. I partecipanti devono tirar fuori desideri di scrittura che diventeranno tentativi di creazione drammaturgica.
Le fasi di stesura sono diverse e numerose: ogni autore consegna il proprio scritto ad altre voci, esercizio tremendo per chi sente la creazione come un possesso, bisogna lasciare andare l'opera, avere fiducia nelle letture altrui, nei commenti del gruppo. Così, i testi, revisione dopo revisione, crescono di intensità, perdono ciò che non era necessario, come piccoli bonsai diventano più forti e geometrici. Alcuni diventano dialoghi, altri si asciugano fino a divenire voci monologanti.
Andrea, uno degli autori e attori, torna dopo alcune settimane, è la prima volta che assiste alla messinscena del proprio testo: le didascalie sono diventate un personaggio, la voce dal palco è di Arianna. E lui, Nessuno, è Renato: è il principio di una storia. Cominciamo dunque con un’astrazione: siamo nel limbo (quello pirandelliano?) di un altrove che accoglie il pensiero metanarrativo e rilancia verso il mistero della scrittura teatrale. Cos'è oggi un autore? Cosa accade all'autore quando tutti vanno via? Che fine fanno le sue parole e i suoi personaggi?
Non si tratta solo di pensare alla creazione teatrale, ma di attivare un processo di studio e scoperta: giovani attori e attrici, professionisti, si sono presi il tempo della ricerca, dalla primavera all'estate, per strappare, dal buio profondo dell'immaginazione, voci e immagini fatti di fantasia e ricordi.
Spuntano due adolescenti - sono fratelli? - vivono l'uno per l'altra, in un gioco spietato, tra eros e thanatos, i sentimenti hanno il colore del sangue rappreso e l'odore dolciastro delle Big Babol. Roberto ferma Lorenzo: «non hai la cattiveria di ieri». Un tassista e una donna in uno sgargiante tailleur rosso, anche loro sono personaggi: tacchi sull'asfalto, notte fumosa di città. Siamo o tentiamo di essere come i nostri genitori vorrebbero: perfino le ricette, quelle tramandate, quelle che sono simbolo delle feste comandate. Qui c'è una giovane donna e l'ombra di sua madre, tra di loro una cioccolata calda, «quando c'eri tu una luce entrava in cucina».
Un figlio, forse non voleva essere un musicista e ora, nonostante la soddisfazione della madre, vorrebbe una vita diversa. Non sempre abbiamo il coraggio di cambiare rotta, di infrangere i sogni di chi ce li ha consegnati. E prima di nascere, cosa accade? Improvvisamente siamo in una sala d'attesa, ognuno ha il proprio numeretto per cadere alla vita: nasciamo eroi o assassini senza scrupoli con il pallino della guerra? Poi c'è qualcuno che si rende conto di essere un impostore, ciò che vorrebbe essere è lontanissimo da ciò che è. Scappare in questi casi è l'unica via? Vi è mai capitato di arrivare a una festa in cui non conoscevate nessuno?
Un professore e una studentessa camminano in cerca di un futuro che vinca la morte; il dna è già tutto nei capelli. La scena li vedrà seduti, Pasquale visto dal basso sembra un gigante: «quella battuta deve essere una minaccia», gli ricorda Roberto. Lorenzo che ha scritto questa piccola storia, tra minimalismo poetico e fantascienza, guarda dal pubblico: fissa la scena, di tanto in tanto apre la bocca come per sussurrare qualcosa e poi segue con le mani, disegna con le dita possibili tensioni, partecipa con il corpo.
C'è una giovane donna che vuole sparire, diventare piccola come un granello di polvere. Poi c'è un bambino al mare, il suo pupazzo, Babba, si allontana tra le onde. C’è una famiglia in viaggio nel deserto, per onorare un parente. Siamo nella nostra infanzia. Tentiamo di tornare lì, sempre: in molte di queste storie ci sono genitori con i quali entrare in conflitto, memorie che riaffiorano dal nostro passato.
Antonietta lavora sulla presenza, si accorge quando il movimento di un braccio, di una mano o di un dito è un movimento gestito dalla tensione oppure quando è frutto di un automatismo organico. Al Valle fa fresco, prima dell'estate era quasi freddo, appena si entra in sala si può sentire l'odore del legno con cui è stato ricoperto il pavimento della platea, anche sulle pareti c'è un velluto nuovo. Il cinema, passando di qua, ha lasciato tracce di finzione. La restituzione di questo laboratorio è uno degli ultimi atti pubblici del Valle prima della ristrutturazione: in questi anni, dopo l'occupazione, il teatro è rimasto chiuso agli spettacoli per aprire di tanto in tanto a mostre, incontri, visite guidate ed altro; un custode ci ricorda che dobbiamo chiudere la porta, isolarci dall'esterno. Strehler in un'intervista sottolineava la peculiarità del mestiere teatrale anche nelle ore passate lontane dalla luce solare.
Arriviamo allo studio sulla tecnica, con i costumi e le luci, il Valle è scenografia pura, si lavora di continuo, tra tecniche e filate, ogni tanto dal fondo del palco arriva qualche rumore. C'è un fantasma, dice qualcuno. In un momento di pausa, Giulia, scherzando con aria da diva prima di sparire dietro la porta rossa della platea, afferma: "io sono il teatro".
Qui dentro, siamo tutti fantasmi: mirate in alto, sul soffitto della platea, c'è Arlecchino che ci guarda.
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