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13 gennaio 2009
Un mercante di Venezia che si cela fra le maschere
Ma insomma, Shylock è buono o cattivo? Deve suscitare pietà o repulsione quest'ebreo che prima invoca il rispetto della pari dignità fra gli uomini e poi, da insensibile e crudelissimo usuraio, quella dignità calpesta, reclamando disumanamente (e in tribunale!) la famosa libbra di carne dal corpo del suo debitore Antonio? La verità è che con il celeberrimo personaggio de «Il mercante di Venezia» Shakespeare diede, nello stesso tempo, la prima prova compiuta dell'ormai raggiunta maturità d'autore e il primo, e forse il più convincente, dei suoi inconfondibili ritratti dell'uomo moderno: considerato - per ripetere le parole di Gabriele Baldini, che resta il nostro maggior anglista - «in tutto l'equivoco splendore d'un dio decaduto, indagato con tutta la spietatezza d'un fratello tenerissimo, amato o odiato con tutta la passione d'un amante che non sente ragioni». In breve, la crudeltà di Shylock - aggiunse Baldini - «non ha nulla di demoniaco», ma «è la naturale e triste progenie di una mortificata amarezza che gli uomini, inconsciamente, alimentano nei propri fratelli». E per riassumere, aggiungo a mia volta che l'usuraio del Bardo è un emblema della vita, in tutta la sua impassibilità e in tutte le sue, per l'appunto, contraddittorie manifestazioni. Sicché il vero dramma proposto da «Il mercante di Venezia» sta proprio nella separazione rispetto alla vita: separazione di cui è anch'esso un emblema dichiarato il personaggio di Porzia, non a caso colei che abita a Belmonte, sulla terraferma rispetto a Venezia, e attende solo un marito destinatole dalla sorte: «Io non posso né scegliere colui che vorrei, né rifiutare colui che mi dispiace: tale è la volontà di una figlia viva imbrigliata dall'ultima volontà di un padre morto» (atto I, scena II). Ebbene, proprio sulla separazione (in tutti i sensi) si basa l'allestimento de «Il mercante di Venezia» che la Fondazione Teatro Due presenta nel Ridotto del Mercadante per la regia di Massimiliano Civica. Vengono isolati, mercé il taglio di tutti gli altri, i personaggi di Antonio, Bassanio, Porzia, Shylock, Lorenzo e Jessica, e a loro volta isolati restano gli ultimi due, a dirsi sussurrando le loro parole d'amore lontane dalla logica del danaro. E si alternano i volti nudi e quelli coperti dalle maschere. E la parlata di Porzia è un cantilenare inespressivo, assai poco colloquiale. Giusto. E in linea con l'assunto della regia risulta la prova degli interpreti: Mirko Feliziani, Oscar De Summa, Elena Borgogni e Angelo Romagnoli. L'insieme, però, ha un che di meccanico. Come un compito svolto a tavolino, che rivela, certo, applicazione e precisione, ma rimane incatenato ai libri, e non s'affaccia mai alla finestra.
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