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Il giorno di un Dio
scritto e diretto da Cesare Lievi
dramaturg Sylvia Brandl, Philine Kleeberg
traduzione per la parte in tedesco Hinrich Schmidt-Henkel
con (in o. a.) Hendrik Arnst, Valentina Bartolo, Maximilian Brauer, Bea Brocks
Paolo Garghentino, Irene Kugler, Graziano Piazza, Alvia Reale
musica e musica originale Mauro Montalbetti
scene Maurizio Balò
costumi Birgit Hutter
disegno luci Cesare Agoni
orari spettacolo
prima ore 21.00
martedì e venerdì ore 21.00
mercoledì e sabato ore 19.00
giovedì e domenica ore 17.00
lunedì riposo
durata 1 ora e 50 minuti
spettacolo in lingua italiana
produzione Stadttheater Klagenfurt, Teatro di Roma - Teatro Nazionale, Emilia Romagna Teatro Fondazione
"Dodici frammenti scenici in memoria di Martin Lutero"
Quello che siamo ha ancora a che fare con quello che è stato?
Di un evento storico di fondamentale importanza per l’Europa (la pubblicazione delle “95 tesi” contro le indulgenze papali, da parte di Martin Lutero) che cosa è rimasto, dopo cinquecento anni, nella nostra vita quotidiana, pubblica o privata, e nel nostro modo di pensare e vivere l’esistenza? Una traccia decisa da seguire come qualcosa di certo e indiscutibile? O soltanto schegge? Una verità a spicchi, in parte ancora fruibile, in parte completamente rifiutata e inaccettabile? O qualcosa di vago, d’indistinto che agisce con forza e determinazione segrete, inconsapevoli, indipendentemente dal fatto che si sia atei, cattolici o riformati? O semplicemente nulla? Cenere che la storia ha accumulato sugli eventi, e che basta un piccolo soffio per scacciarla via? Queste le domande sulle quali si basa il nuovo lavoro del regista premio Ubu Cesare Lievi, il quale intesse dodici frammenti, lontani dal tentativo di formulare una risposta, che si rapportano, giocano, interagiscono alla ricerca di una illuminazione fatta di altre domande e dubbi: quello che siamo, ha ancora a che fare con quello che è stato? Gli interrogativi e le risposte date su Dio, la fede, la grazia, i sacramenti, la salvezza ci riguardano ancora? È ancora possibile un rapporto tra parola e verità? La fede porta necessariamente all’intolleranza e al fanatismo? E quelle parole pronunciate davanti all’imperatore e al legato pontificio – le maggiori autorità del tempo – “Questa è la mia posizione, non posso smentirla”, che significano, che valore hanno nel nostro tempo?
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