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Roma, Teatro India, 19 giugno 2017
Se l’immaginazione non è tenuta viva
non ci può essere alcuna base
per il giudizio etico o la necessità politica.
James Hillman, Politica della bellezza, 1999
Benvenuti,
siamo alla quarta conferenza stampa insieme, alla nostra quarta stagione, e vi ringrazio di essere qui. Artisti, spettatori, operatori, e soprattutto gli ex colleghi giornalisti e critici.
A voi un ringraziamento particolare, ai vostri capi pagina, ai vostri direttori per l’attenzione, la cura, la costanza che mettete nel seguire e comunicare il nostro lavoro. Per noi è molto molto preziosa, non avendo a disposizione grandi budget per la comunicazione. Voi e il passaparola fra gli spettatori, sono gli elementi primi della nostra promozione.
Prima di tutto voglio presentarvi il nuovo cda del Teatro di Roma, insediato a marzo: Emanuele Bevilacqua, presidente, Anna Cremonini, Cristina Da Milano, Nicola Fano, Raffaele Squitieri; il collegio dei revisori, il presidente Giuseppe Signoriello, con Sara Mattiussi e Gian Piero Rinaldi. Li voglio ringraziare sinceramente e di cuore per il lavoro serrato che stiamo facendo insieme, su tanti fronti aperti. Siamo un Teatro Nazionale, in una città complessa, in un Paese complesso. Non è per nulla una passeggiata.
Un ringraziamento va anche alle istituzioni che ci sostengono: Roma Capitale, nelle persone del sindaco Virginia Raggi e del vicesindaco e assessore alla crescita culturale Luca Bergamo, il governatore della Regione Lazio Nicola Zingaretti e l’assessore alla cultura Lidia Ravera, il ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo Dario Franceschini e il direttore generale dello spettacolo dal vivo Ninni Cutaia, con Donatella Ferrante. E il ministero siede per la prima volta nel cda del Teatro di Roma, come previsto per i 7 Teatri Nazionali.
Poi voglio ringraziare tutti i lavoratori del Teatro di Roma, una famiglia allargata, come si usa oggi, con le sue dinamiche fluide e qualche volta meno, come accade in tutte le famiglie, soprattutto in quelle teatrali che sono davvero speciali: in particolare i responsabili dei diversi settori e uffici, a cominciare da Paola Macchi, il mio braccio destro, e poi in ordine rigorosamente alfabetico Patrizia Babusci, Paola Folchitto, Enrico Olla, Sandro Piccioni, Carolina Pisegna, Floriana Pistoni, Giovanni Santolamazza (che fra pochi giorni va in pensione, dopo 40 e passa anni di dedizione in questo teatro, ma non ci lascia del tutto, starà con noi ancora un anno), Maurizio Todaro, Amelia Realino, il nostro ufficio stampa, e Mauro Fiore, per la sicurezza, Roberto Gandini, direttore del nostro Laboratorio Piero Gabrielli, la segreteria di direzione Monica Pescosolido e Giovanna Princiotta, e la segreteria di presidenza e degli organi collegiali, Mariella Paganini.
E veniamo alla stagione 17.18. Partendo dalla sua immagine guida: una sequenza di corpi in struggente vitalità del nostro Ragazzi di vita, diretto da Massimo Popolizio, due nomination al Premio Le Maschere del Teatro Italiano, come migliore spettacolo dell’anno e migliore regia. Dopo Greenaway, Matteo Basilè, Ran Reuveni, ecco questo scatto di Achille Le Pera, che ci accompagnerà, con la sua carica espressiva, col suo movimento, nel corso dei prossimi 12 mesi.
Dopo “Cantiere Roma Italia”, “Teatro. Dunque sono”, “Umanità in movimento”, il motto che ci guida quest’anno è Il teatro è uguale per tutti. Esattamente come dovrebbe essere la Legge.
“Si chiama democrazia, poiché nell’amministrare si qualifica non rispetto ai pochi, ma alla maggioranza. Le leggi regolano le controversie private in modo tale che tutti abbiano un trattamento uguale, ma quanto alla reputazione di ognuno, il prestigio di cui possa godere chi si sia affermato in qualche campo non lo si raggiunge in base allo stato sociale di origine, ma in virtù del merito”.
Pericle
“Qualcuno dirà che il potere del popolo, la democrazia, non è né sensata né equa, mentre i detentori della ricchezza sono i più capaci di governare nel modo migliore. Ma io gli rispondo innanzitutto che ‘popolo’ è il nome di tutta la collettività, mentre ‘oligarchia’ è una parte”.
Pericle
Nella democrazia originaria, quella ateniese del tempo di Pericle, il teatro svolgeva un ruolo così centrale da far scrivere a Platone che Atene non era una democrazia bensì una “teatrocrazia”.
Ci piace perseguire, con maggior forza, il senso di un Teatro che sia agorà civile e culturale, un Teatro aperto a tutti, che sia spazio della Democrazia delle Arti, e attraverso di esse – che sul palcoscenico sono abituate a dialogare da sempre –, assurgere a Democrazia davvero partecipata, di pensieri, sentimenti, utopie, sguardi rivolti alla Storia e dunque alla Memoria.
Teatro come parlamento sociale; dove le vite di artisti e spettatori dialogano nel tempo e nello spazio del qui e ora; dove gli autori e i registi indagano la realtà, ponendoci domande, dischiudendo nuove prospettive, perlustrando e facendo affiorare dalle pieghe più nascoste le verità dei fatti, delle cose, dei sommovimenti dell’animo umano, delle nostre esistenze, dei diversi capitoli della Storia che abbiamo alle spalle.
Ma è soprattutto il presente il soggetto primo degli spettacoli della nuova stagione, anche quando il titolo ci arriva da lontano, nel tempo o da altre geografie: il lavoro e il terrorismo, la memoria delle tragedie della Storia, a partire dalla Shoah, ma anche del terrorismo degli anni Settanta e del nuovo terrorismo jihadista, i diritti e le dinamiche più o meno felici delle famiglie, nuclei primi delle comunità, lo scontro fra le religioni e il nascere della democrazia in America, Lutero e i dilemmi della scienza, di ieri e di oggi, le riscritture o rivisitazioni dei classici, celebri romanzi in scena e autori agli esordi.
La lezione dei maestri, innanzitutto, da non considerare per forza gerarchicamente sopra ai nuovi arrivati o ai nuovi approdi dei registi dell’età di mezzo, bensì gli uni a fianco agli altri, strade parallele o che si intrecciano, egualmente importanti.
Stein, Strehler, Wilson.
Avogadro, Barberio Corsetti, Brie, Castellucci, Comencini, Cosimi, Giordano, Lievi, Maccarinelli, Martone, Popolizio, Tiezzi, Santagata, Vetrano e Randisi.
La “scuola romana” dei maturi, quella dell’età di mezzo, e quella perché no, dei giovanissimi, rappresentata da Riccardo Caporossi, Pippo Di Marca, Amedeo Fago, Marco Lucchesi; e poi Arcuri, Cruciani, Danco, Giacomo Bisordi, Luca Brinchi e Daniele Spanò, Jacopo Gassmann, Clara Gebbia, Massimo Di Michele, Fabio Morgan, Fabrizio Pallara, Tiziano Panici, Giorgina Pi, Luca Ricci; Dante, Di Florio, Longhi, Muscato, Sinigaglia, Tindaro Granata e Alessandro Serra in veloce ascesa, fino ai nuovissimi su cui vogliamo scommettere: Reparto Amleto di un gruppo di allievi della Silvio d’Amico, freschi di diploma ma già furiosi con grazia, in un Teatro India che aspira a crescere ancor più come factory del Teatro del Futuro.
La nuova stagione del Teatro di Roma – Teatro Nazionale si caratterizzata per la continuità con i princìpi che ci hanno guidato fin qui: attenzione alla migliore tradizione, un’ampia e doverosa perlustrazione nel teatro contemporaneo e nella drammaturgia del presente (più di 100 gli autori viventi messi in scena fra il 2014 e il 2017), i progetti speciali, i ritratti d’artista, gli omaggi: ieri a Pasolini o Ronconi, oggi a Strehler e Aldo Moro.
I sipari aperti sulla Storia: dalla Rivoluzione Francese di Martone di qualche settimana fa a quella Russa, ripercorsa in quattro puntate da Ezio Mauro, alla Riforma Luterana di 500 anni fa, alla Memoria dell’Olocausto, ai nostri “anni di piombo”, fra stragi, rapimenti eccellenti, ragazzi nel pieno della giovinezza ammazzati per strada.
Cerchiamo di produrre e di accogliere spettacoli che esprimano poetiche e estetiche originali, forti, nuove, e che riverberino di senso anche etico, sociale, storico, perché è di questo che abbiamo bisogno: di comprendere cosa ci sta accadendo e come affrontare le nuove sfide, le nuove tragedie nelle quali siamo immersi, e come impegnarci, tutti, a immaginare e costruire un futuro diverso.
“Il futuro ha un cuore antico”, è il claim della stagione allestita per i più piccoli: è il titolo di un libro di Carlo Levi, pregno di speranza oltre che di poesia.
La tradizione del nuovo.
Abbiamo cercato un nuovo equilibrio fra tradizione e innovazione: da una parte scegliendo il meglio della tradizione, con allestimenti originali e di qualità, dall’altra i capitoli di una “tradizione del nuovo”, se così possiamo dire, ovvero novità drammaturgiche, registiche, interpretative in coerenza con le linee editoriali che andiamo perseguendo.
Tutto questo anche in ossequio a quanto richiesto dal DM Franceschini del 1° luglio 2014, in relazione allo statuto di Teatro Nazionale che ci piace onorare su ogni fronte: produttività, qualità, ricambio generazionale, multidisciplinarietà, continuità di aperture delle nostre sale (11 mesi all’anno), rischio culturale, allargamento del pubblico, in particolare verso i più giovani.
Il sipario si alzerà circa 550 volte su un cartellone di 72 proposte complessive, composto da 24 produzioni - 14 nuove produzioni, 8 coproduzioni, 2 riprese - con più di 60 autori viventi messi in scena; 64 registi e quasi 300 interpreti: numeri che posizionano il Teatro di Roma fra i teatri principali della Nazione.
I titoli che compongono la stagione sono, come consuetudine di questi anni, raggruppabili in sezioni o capitoli che vanno a comporre un cartellone ragionato nel quale lo spettatore può configurare i propri percorsi, in base alle proprie sensibilità e interessi, facilitato dalle nostre Libertine Card che così tanto successo hanno ottenuto dal loro varo nella stagione 2014/2015.
Veniamo alle nostre produzioni, coproduzioni, riprese.
Al Teatro Argentina.
La stagione si apre e si chiude con due nuovi “ritratti teatrali”.
Dopo Ritratto di una Capitale – Ventiquattro scene di una giornata a Roma (novembre 2014 e dicembre 2015), ecco Ritratto di una Nazione – L’Italia al lavoro, un progetto speciale MiBACT. Con la cura e la regia di Fabrizio Arcuri, comporrà un nuovo affresco corale e multidisciplinare, questa volta dedicato al nostro Paese, con 20 pièce teatrali commissionate ad altrettanti autori, uno per ciascuna Regione italiana, cui abbiamo chiesto di indagare il tema del lavoro, tema espresso in diversi articoli della nostra Costituzione a partire, emblematicamente, proprio dall’articolo 1: “L’Italia è una Repubblica Democratica, fondata sul lavoro”.
Quest’anno saranno presentati i primi tasselli di questo originale formato, in forma di puzzle, montati fra loro in un unicum, grazie al lavoro del dramaturg Roberto Scarpetti, alla colonna sonora live dei Mokadelic, al set virtuale di Luca Brinchi e Daniele Spanò. Gli autori della prima parte sulla quale si aprirà il sipario l’11 settembre (sic!), sono, in ordine alfabetico: Marta Cuscunà per il Friuli Venezia Giulia, Davide Enia per la Sicilia, Renato Gabrielli per la Lombardia, Saverio La Ruina per la Calabria, Alessandro Leogrande per la Puglia, Marco Martinelli per l’Emilia Romagna, Michela Murgia per la Sardegna (che avremo anche in scena in un altro spettacolo a India), Vitaliano Trevisan per il Veneto, Wu Ming 2 e Ivan Brentari (in funzione di intermezzo).
Nel 2018 saranno messi in scena gli altri brevi spettacoli (30 minuti ciascuno), che saranno poi composti insieme ai pezzi della prima parte nell’affresco teatrale finale della durata di 12 ore: esso sarà presentato al pubblico, magari nell’arena all’aperto del Teatro India (col suo paesaggio di archeologia industriale), dapprima diviso in 2 parti, di 6 ore ciascuna, dal tramonto alla notte, e poi nel suo insieme nella forma della vera e propria maratona, già sperimentata con successo in Ritratto di una Capitale.
Se Ritratto di una Nazione apre la stagione a settembre 2017, a giugno 2018, in chiusura, presenteremo un nuovo affresco teatrale di Roma, Ritratto di una Capitale – Trittico delle corrispondenze: la prima parte sarà composta da una selezione di lettere scritte alla Capitale da allievi di licei e istituti superiori della città, sulla Roma che vorrebbero; la seconda parte è invece una creazione della Compagnia Menoventi, Ascoltate! Cartoline a Roma, montaggio di messaggi firmati dalle migliaia di turisti stranieri che ogni anno la visitano, cui sono intrecciati brevi testimonianze di artisti e letterati del passato, in visita alla Città Eterna; infine, come terza parte, a siglare l’opera, riproporremo Alla città morta – Prima Epistola ai Romani di Elvira Frosini e Daniele Timpano, tassello già applaudito nel primo Ritratto di una Capitale.
Il nuovo Ritratto prevede, inoltre, la partecipazione in forma di cameo di un cittadino o cittadina romana di fama popolare, diversi per ciascuna replica, cui verranno poste alcune domande sulla città, alle quali questi ospiti d’eccezione risponderanno in diretta.
Torna, rigenerato, uno degli spettacoli cult degli ultimi decenni, Copenaghen di Michael Frayn, messo in scena per la prima volta in Italia nel 1999, 18 anni fa, con lo stesso trio d’eccezione di protagonisti: Umberto Orsini, Giuliana Lojodice, Massimo Popolizio, diretti da Mauro Avogadro, una coproduzione Teatro di Roma, Compagnia Orsini, CSS di Udine. Un testo efficacissimo, come la gran parte di questo autore, che indaga l’incontro, avvenuto nel 1941 nella Danimarca occupata dai nazisti, fra i fisici Niels Bohr, danese, e Werner Heisenberger, tedesco, al cospetto della moglie del primo, Margrethe, fra la teoria della relatività di Einstein e la scissione nucleare che portò all’atomica.
È la volta, poi, della nostra produzione di punta del 2017, Re Lear di Shakespeare, diretto da Giorgio Barberio Corsetti, con Ennio Fantastichini protagonista, in coproduzione con il Biondo di Palermo: una creazione impegnativa di un regista romano di fama europea, specialista nel dar vita a spazi diversi, che seguiamo dai suoi esordi e che torna dopo molti anni sul grande palcoscenico vuoto del Teatro Argentina.
Per le feste natalizie torna a grande richiesta la vitalità irrefrenabile e poetica di Ragazzi di vita, dal primo romanzo di Pasolini, in una stupefacente messa in scena di Massimo Popolizio, una delle nostre produzioni di maggior successo e cui teniamo in particolar modo: tre settimane al Teatro Argentina, per poi portare la sua pura teatralità in tournée nelle maggiori città italiane (da gennaio 2019).
A seguire una coproduzione con Ert e il Stadttheater di Klagenfurt, Austria: Il giorno di un Dio, scritto e diretto da Cesare Lievi, in occasione dei 500 anni della Riforma di Lutero; lo spettacolo, con scenografie di Maurizio Balò, vede in scena un cast misto di interpreti tedeschi e italiani.
Cuore del percorso “Anatomia del potere”, è Antigone, nostra produzione, firmata da Federico Tiezzi, con Lucrezia Guidone, Antigone, Sandro Lombardi, Creonte, e Francesca Benedetti nei panni di Tiresia, una edizione ambientata nella stessa monumentale scena del Calderón di Pasolini, diretto sempre da Tiezzi (Premio Ubu 2016 per la migliore regia), adattata questa volta a obitorio. Mentre a India presentiamo Emone, originale riscrittura di Antonio Piccolo da Sofocle, dedicato a questo personaggio minore della tragedia, figlio di Creonte e promesso sposo di Antigone - testo vincitore della prima edizione del Premio Platea per la Nuova Drammaturgia che prevede la messa in scena del testo vincitore e la pubblicazione presso Einaudi nella collana Teatro.
Per “Il dovere della memoria” produciamo il monologo su Primo Levi, con Jacob Olesen, al Teatro Argentina; mentre a India coproduciamo, con il Teatro de Gli Incamminati, Perlasca. Il coraggio di dire no scritto e interpretato da Alessandro Albertin.
Al Teatro India (investiamo sul teatro del futuro), si connota sempre di più come factory del teatro indipendente e del nuovo teatro, delle nuove generazioni, affiancate a fratelli e sorelle maggiori, se così possiamo dire.
dEVERSIVO è la nuova creazione di Eleonora Danco, autentica irregolare della scena e ora anche del cinema, autrice e attrice che siamo certi ci sorprenderà ancora una volta. Qui alle prese con un’individualità inquieta e irrefrenabile, come i flussi interiori infiniti di Lucia Calamaro (mo’ faranno a botte questa due lady del teatro romano), con un ambiente casalingo, fra diverse stanze da abitare o da cui fuggire, per ripararsi nel corridoio, budello di transito, e magari trovarvi ristoro. Una “squartierata” che non trova pace neppure fra le pareti delle diverse stanze che compongono il suo appartamento.
Per la sezione "Il teatro delle lingue. Le lingue del teatro", oltre al veneziano di Goldoni, al napoletano di Eduardo e quello di nuovo conio di Antonio Piccolo, il sardo di Macbettu, ecco una “dedica” al palermitano Franco Scaldati, scomparso nel 2013, con un dittico diretto e interpretato da Enzo Vetrano e Stefano Randisi: Ombre folli (coprodotto dal Teatro di Roma con la compagnia Vetrano Randisi e con Le Tre Corde) e Totò e Vicé. Ѐ, inoltre, in programma un convegno realizzato in collaborazione con l’Università La Sapienza di Roma.
Reparto Amleto è lo spettacolo più applaudito e vincitore di Dominio Pubblico – La città agli under 25, la cui quarta edizione si è appena conclusa, con l’invasione frizzante di tutti gli spazi di India, e che realizziamo con il Teatro Argot e il Teatro dell’Orologio (i cui inventori, Fabio Morgan, Tiziano Panici, Luca Ricci, sono tutti e tre presenti per la prima volta a India con tre loro recenti produzioni).
Abbiamo deciso che ogni anno il Teatro di Roma adotta, facendolo proprio, lo spettacolo vincitore, sempre che l’annata sia buona; quest’anno è la volta di un gruppo di allievi della Silvio d’Amico, freschi di diploma, che avevamo osservato nel loro primo impegno, Nightmare n. 7 – L’uomo senza memoria. Il caso vuole che due di loro siano anche nel piccolo popolo di Ragazzi di vita. Firma copione e regia Lorenzo Collalti. Ma è palese che siamo davanti a una creazione a 10 mani.
Nel corpus dei “ritratti di famiglia” ecco Pouilles – Le ceneri di Taranto di e con Amedeo Fago, che ripercorre un secolo di storia italiana attraverso le storie di una famiglia: dalla disfatta di Caporetto, il 24 ottobre 2017 (mentre scoppia la Rivoluzione Russa, che pura sarà presente nei nostri cartelloni), a oggi, attraverso un viaggio dentro la propria esistenza, le ceneri della propria famiglia con sullo sfondo le polveri dell’Ilva.
Per gli 80 anni di Caryl Churchill produciamo, con Sardegna Teatro e Bluemotion/Angelo Mai, Settimo cielo, diretto da Giorgina Pi, una regista che si sta rivelando di bella autoralità e sulla quale ci piace puntare. Prima rappresentazione assoluta in Italia, scritto nel 1979, osserva una famiglia vittoriana ai tempi del colonialismo inglese nell’Africa di fine Ottocento e una degli anni Settanta, in piena ribellione punk. I primi studi che abbiamo visto, proprio all’Angelo Mai, fra gli spazi più vivaci della Capitale, ci hanno molto divertito, insieme allo stupore per la bella mano registica di Giorgina Pi. Sentiamo che sarà un successo.
Così come confidiamo susciti grande interesse Disgraced di Ayad Akhtar, Premio Pulitzer 2013, tradotto e diretto da Jacopo Gassmann, già in cantiere nel 2015, e oggi finalmente messo in scena con il Teatro della Tosse di Genova: tesa osservazione delle relazioni fra i sessi, amori, amicizie, rivalità, in una seduta a cena con in tavola più religioni. Di Jacopo Gassmann suggeriamo, al Teatro Palladium, le messe in scena di due testi inediti per l’Italia dell’inglese Chris Thorpe: There has possibly been an incident e Confirmation.
Il tandem di videoartisti Luca Brinchi e Daniele Spanò, di cui sabato e ieri sera abbiamo potuto apprezzare il loro apporto creativo allo spettacolo di danza contemporanea indiana Bhinna Vinyasa, all’interno del nostro ciclo Il teatro che danza, e già coinvolti nei nostri “ritratti teatrali”, approdano al secondo capitolo della Trilogia dell’Amore, da noi prodotta e pensata per il foyer del Teatro India (per 60 spettatori, trattandosi di una installazione di macchine sceniche, videoproiezioni e figure umane): dopo l’Aminta del Tasso è la volta della Vita nova di Dante. Poi seguirà Alfieri, e infine i tre brani saranno montati insieme per approdare al Teatro Argentina.
Di Emone abbiamo già detto essere la rivelazione come drammaturgo di un attore napoletano che riscrive l’Antigone (in doppio con la messa in scena all’Argentina di Tiezzi), col tramite di una lingua di nuovo conio, quasi un omaggio a Basile, portata ai nostri tempi, vincitore della prima edizione del Premio Platea. Una coproduzione dagli stabili di Roma, Torino, Napoli, Umbria, con regia e scene di Raffaele Di Florio.
Se Viva l’Italia – Le morti di Fausto e Iaio, che riprendiamo in coproduzione insieme al Teatro dell’Elfo di Milano, ricorda, a 40 anni di distanza, l’omicidio dei due giovani militanti del Leoncavallo a Milano, mentre si consumava il sequestro Moro (scritto da Roberto Scarpetti, in finale al Premio Le Maschere, e diretto da Cesar Brie, interpretato da cinque attori bravissimi e commoventi), Echoes di Henry Naylor ci porta ai nuovi terrorismi di oggi. Dopo un viaggio a Kabul, l’autore inglese, per la prima volta sulle scene italiane, ritrae due giovani mogli della Jihad, interpretate da Francesca Ciocchetti e Federica Rosellini, dirette da Massimo Di Michele (regista che ci ha regalato una scoppiettante versione del Funerale del padrone di Fo con gli allievi della nostra scuola di specializzazione e che ci piacerebbe poter riprendere in futuro).
E di lingue diverse, per indole poetica e provenienza geografica, si compone il Padiglione Verdastro, che l’attore romano “abita” dando voce a Nino Gennaro, Gadda, Petrolini, Penna, Petronio.
Ritorna Dieci storie proprio così, il progetto di Giulia Minoli e Emanuela Giordano, itinerante per la penisola, alla sua terza versione, sui temi della legalità, delle mafie e della corruzione: un progetto destinato ai futuri cittadini di una Nazione infettata dal malaffare e che a ogni replica colpisce gli adolescenti di oggi, ignari che la mattanza delle mafie è stata una vera e propria guerra con centinaia e centinaia di vittime. Un progetto coprodotto dagli stabili di Roma, Torino, Napoli, Emilia Romagna.
Per i più piccoli e i più giovani, ma diciamo pure per un pubblico di tutte le età, produciamo il già citato Primo, da Se questo è un uomo di Primo Levi, nel quale si cala Jacob Olsen, nato in Svezia, da 30 anni sulle scene italiane e europee.
La rivolta delle ombre, con drammaturgia di Roberto Scarpetti – il nostro dramaturg di riferimento (Roma Est, Viva l’Italia!, Prima della bomba, 28 battiti, Ritratto di una Nazione), regia di Clara Gebbia, e interpretazione di Nenè Barini, storica attrice del Teatro del Carretto di Lucca (alla cui regista fondatrice, Maria Grazia Cipriani, Latella dedica una piccola personale alla Biennale Teatro di prossimo avvio a Venezia). Uno spettacolo sul gioco e la magia del Teatro, con protagonista una Ofelia timida che sogna di fare l’attrice ma finisce per fare la suggeritrice, fino a che il teatro è costretto a chiudere. E’ allora che i personaggi degli spettacoli di cui è stata suggeritrice riappaiono in forma di ombre e tornano a farla e farci sognare.
Del Laboratorio Teatrale Integrato Piero Gabrielli, diretto con generosa passione e rigore da Roberto Gandini, riproponiamo Infuturarsi, la nuova creazione appena andata in scena, interpretata da una banda scatenata e poetica di ragazzi che ripercorre, a stazioni, i temi dell’adolescenza, dal bullismo al bisogno di amicizia e di amore. Formativo, liberatorio e emozionate come sempre.
Emilia, scritto e diretto dall’argentino Claudio Tolcachir, con Giulia Lazzarini protagonista (e anche lei finalista al Premio Le Maschere del Teatro Italiano, insieme a Pia Lanciotti, proprio per questo spettacolo), sarà in tournée fra ottobre e dicembre, a partire dal Piccolo Teatro di via Rovello, la “prima” casa di Giulia Lazzarini.
Le ospitalità
Si è detto essere tre i maestri protagonisti della scena internazionale che segnano la stagione: Peter Stein, Bob Wilson, Giorgio Strehler.
Di Stein presentiamo Riccardo II di Shakespeare, con gli attori che da anni lavorano con lui e in gran parte già protagonisti del nostro Der Park (2015), e con Maddalena Crippa nei panni di questo re che ascende al trono, vive congiure e lotte di potere, fino alla carcerazione e alla sua uccisione. Lo presentiamo al Teatro Nazionale, in collaborazione con l’Opera di Roma, perché nella stessa settimana all’Argentina ci sarà una sorpresa.
Siamo particolarmente orgogliosi di accogliere al Teatro India la linearità visionaria di Robert Wilson (col quale abbiamo in cantiere un altro progetto nel prossimo futuro), questa volta dedicata a un testo di Heiner Müller, Hamletmachine, in Italia già portato in scena in una bella edizione da Federico Tiezzi e Sandro Lombardi (1990), una produzione realizzata dall’Accademia d’Arte Drammatica Silvio d’Amico, Festival di Spoleto 60 e Change Performing Arts.
La macchina di Amleto di Müller-Wilson è animata dagli allievi diplomandi dell’Accademia, con la quale apriamo un percorso comune, sposando le nostre specifiche missioni: da una parte l’alta formazione, dall’altra aprire le porte del futuro professionale agli aspiranti registi, attori, autori, e accogliamo altri due spettacoli, creazioni di neoregisti della neonata Compagnia dell’Accademia – Un ricordo d’inverno, scritto e diretto da Lorenzo Collalti, lo stesso autore e regista di Reparto Amleto e Notturno di donna con ospiti di Annibale Ruccello, regia di Mario Scandale, con Arturo Cirillo, e poi un piccolo festival, sempre a cura di allievi freschi di alloro, Contaminazioni.
A vent’anni dalla improvvisa scomparsa di Giorgio Strehler, nella notte di Natale del 1997, lo omaggiamo riportando sul palcoscenico dell’Argentina uno degli allestimenti più celebri del Piccolo Teatro, da lui fondato 70 anni fa con Paolo Grassi: Arlecchino servitore di due padroni, nella versione curata dal suo interprete di sempre, Ferruccio Soleri, entrato nel Guinness dei Primati per aver offerto la sua arte per una intera vita alla celebre maschera goldoniana, e qui con l’avvicendamento di Enrico Bonavera.
Per “Mondi in scena”, dopo Emilia, ecco il ritorno di Claudio Tolcachir, regista e autore argentino, con Il caso della famiglia Coleman, uno degli spettacoli che lo ha fatto conoscere nel mondo, ospitalità internazionale del nostro cartellone insieme a Profumo di Corea.
A seguire Bestie di scena di Emma Dante: una creazione della quale sono nuovamente protagonisti i corpi, questa volta un piccolo popolo nudo, in un sabba struggente, quasi privo di parola, che apre nuovi orizzonti alla originale ricerca della regista palermitana, fedelissima a se stessa, eppure in movimento e felicemente creativa.
Oltre a Riccardo II, le variazioni su Amleto del grande Heiner Muller e del giovane Lorenzo Collalti, ecco una quarta rivisitazione shakespeariana: Macbettu, plumbeo affondo nell’ossessione del potere, di poche azioni e di rare parole, ambientato in una Barbagia tombale e silentemente feroce.
Come omaggio a Umberto Eco, fra i grandi del Novecento italiano e non solo, ecco Il nome della rosa, uno dei romanzi più celebri al mondo, adattato per il palcoscenico da Massini e diretto da Leo Muscato, scene di Margherita Palli, i costumi di Silvia Aymonino e un cast di 13 interpreti. Ѐ il secondo romanzo, dopo Ragazzi di vita, che viene adattato per la scena, nella nuova stagione. Ma non c’è due senza tre.
Dostoevskij ha addirittura un trittico tutto per sé: Delitto e castigo, con adattamento e regia del russo Konstantin Bogomolov, per Ert, I malvagi diretto e interpretato da Alfonso Santagata, che ritorna a India dopo molti anni, e Ivanov, con Fausto Russo Alesi (già nostro Enea in viaggio), diretto da Serena Sinigaglia, in una riscrittura di Letizia Russo.
Per i 150 anni dalla nascita di Pirandello, proponiamo Sei personaggi in cerca d’autore, con protagonista Eros Pagni e regia di Luca De Fusco; mentre al Teatro Palladium, con il quale continua la collaborazione, suggeriamo ai nostri spettatori Vestire gli ignudi, diretto da Gaetano Aronica.
Di Eduardo, che ha sempre impreziosito i nostri ultimi cartelloni (Natale in casa Cupiello, diretto da Latella, Le voci di dentro con i fratelli Servillo, Non ti pago, ultima regia di Luca De Filippo; nell’attesa di accogliere, a Natale 2018, Questi fantasmi, diretto da Marco Tullio Giordana, sempre con la Compagnia Luca De Filippo), ecco una particolare versione del Sindaco del Rione Sanità, diretta da Mario Martone, con una compagnia tutta speciale composta di interpreti affermati e di altri al loro debutto, nata al Nest – Napoli Est Teatro, vivace teatrino nel quartiere di San Giovanni a Teduccio. Uno spettacolo di energia pura, per l’originalità della direzione registica, per il linguaggio eduardiano insufflato di presente, per l’interpretazione inedita del protagonista, un Francesco Di Leva di età più giovane rispetto al canone eduardiano.
Il potere è osservato, da sempre e nei modi che gli riconosciamo, anche da Romeo Castellucci, che torna all’Argentina con la sua ultima creazione, Democracy in America da Alexys de Tocqueville, lo scrittore e intellettuale francese che viaggiò nel Nord America nei primi anni Trenta dell’Ottocento per osservarvi la nascita della democrazia: ne risulta uno spettacolo visionario e inquietante come sempre, e ancor più questa volta, nella forma aperta di un’opera che monta scene e visioni ipnotiche, cifra di questo artista puro e irriducibile.
La classe operaia va in Paradiso è lo spettacolo che approfondisce ulteriormente, attraverso il teatro, il tema del lavoro (vedi Ritratto di una Nazione): tratto dalla sceneggiatura del film di Petri (1971), è una regia del nuovo direttore di Ert – Emilia Romagna Teatro, Claudio Longhi, con drammaturgia di Paolo Di Paolo e Lino Guanciale protagonista (già in scena nel nostro Ragazzi di vita).
E dopo gli operai, ecco nientepopodimeno che il palcoscenico di Argentina invaso dal Capitale di Karl Marx, un progetto speciale MiBACT diretto da Marco Lucchesi, per i 150 anni dalla sua pubblicazione (1867), che si avvale della collaborazione scientifica dell’Enciclopedia Treccani, diretta da Massimo Bray.
Di Strehler e del Piccolo Teatro si è già detto. Ci piace anticipare che stiamo costruendo un omaggio che prevede anche una serata d’onore per Ferruccio Soleri e una per Giulia Lazzarini, con la quale rivedremo insieme su grande schermo la registrazione televisiva di Carlo Battistoni della mitica Tempesta, dove l’attrice danzava nell’aria nelle vesti velate di Ariel: lo spettacolo debuttò lo stesso giorno del rapimento di Aldo Moro, il 16 marzo 1978; Giancarlo Dettori ripercorrerà i suoi 40 anni di lavoro con il regista; omaggeremo anche Fiorenzo Carpi, autore delle musiche di tanti spettacoli di Strehler, così come i due scenografi con i quali ha operato, Luciano Damiani e Ezio Frigerio.
Ad Aldo Moro, rapito dalle Brigate Rosse il 16 marzo e il cui corpo senza vita fu ritrovato il 9 maggio 1978, dopo 55 giorni di prigionia, in via Caetani, a pochi passi dal Teatro Argentina, sarà dedicata una giornata di proposte, lunedì 7 maggio 2018, a 40 anni dalla sua tragica morte, con una maratona nella quale si susseguiranno Corpo di Stato di e con Marco Baliani, Moro: i 55 giorni che cambiarono l’Italia di e con Ulderico Pesce, Aldo Morto di e con Daniele Timpano, la proiezione dei film di Marco Bellocchio Buongiorno notte, con Roberto Herlitzka, Il caso Moro di Giuseppe Ferrara, Piazza delle Cinque Lune di Renzo Martinelli, e l’opera contemporanea di Filippo Del Corno (2008), Non guardate al domani, dalle lettere di Aldo Moro inviate dalla sua prigionia, realizzata con l’ensemble Sentieri Selvaggi; e rivedremo su grande schermo la registrazione video dell’opera Un’infinita primavera attendo, su libretto di Sandro Cappelletto e musica di Daniele Carnini, presentata per il centenario dello statista lo scorso dicembre al Teatro Palladium, una produzione Filarmonica Romana e Treccani.
Teatro India
Il 6 settembre prende il via la programmazione con le proposte del festival Short Theatre, cui seguono gli ultimi due titoli della nostra rassegna “Il teatro che danza”, con coreografie di Silvia Rampelli e Enzo Cosimi, e quelle di Julie Ann Anzilotti, Amore mio, con danzatori e performer diversamente abili; le proposte sempre inedite o in fieri di Garofano Verde, sui temi della pluralità dei sentimenti e della sessualità, e di Romaeuropa Festival.
Il teatro da camera di Cap, un progetto di Riccardo Caporossi, che ha già lavorato con noi, rimontando Forme e Mura, e che nella prossima stagione ci offre un’opera in tre movimenti: Immagine scomposta, Marionette, Così … vi pare, un progetto speciale Mibact, realizzato in collaborazione con il Teatro di Roma, nel quale Riccardo Caporossi ci restituisce la sua poetica e il suo modo e il suo mondo minimale, da raffinatissimi artigiano qual è, fra gioco, visioni, magie, sorprese, poesia visiva pura.
Alla Sardegna è dedicato un trittico: il citato Macbettu, all’Argentina, Quasi Grazia di Marcello Fois sulla figura di Grazia Deledda, interpretata in scena da Michela Murgia, anche autrice di Accabadora, con Monica Piseddu, un dittico, quest’ultimo diretto da Veronica Cruciani.
Per la sezione “Il dovere della memoria”, riproponiamo per il terzo anno consecutivo Tante facce nella memoria sull’eccidio delle Ardeatine, regia di Francesca Comencini; per i più giovani Shoah, frammenti di una ballata, di e con Fabrizio Saccomanno. Torna in scena, per ricordarla, 60 anni dopo, la mia Primavera di Praga, di e con Jitka Frantova.
Un “Dittico dei Lumi” apre il sipario su Casanova e su Mozart: il primo con Sandro Lombardi, su testo di Arthur Schinitzler e il secondo con Giuseppe Cederna.
Geppetto e Geppetto di Tindaro Granata, autore, interprete e regista, è uno spettacolo dedicato alle nuove famiglie, in questo caso una coppia di uomini che diventano padri.
Mentre Mi sa che fuori è primavera, dal testo di Concita De Gregorio, porta in scena il dramma di una famiglia implosa: un fatto di cronaca, quello di un marito che fugge via da casa con le due piccole figlie e che si uccide non lasciando traccia alcuna delle due bimbe. Ѐ la confessione della madre alla giornalista e scrittrice che ha colpito Giorgio Barberio Corsetti muovendolo a farne un dolente monologo.
A far coppia con Copenaghen, ecco La domanda della Regina di Giuseppe Manfridi e il fisico Guido Chiarotti, diretto da Piero Maccarinelli, in un dittico dedicato alla scienza.
Mentre La lotta al terrore di Lucia Franchi e Luca Ricci ci porta la violenza della deriva islamica direttamente in casa nostra; in coppia con Echoes, di cui abbia detto.
Cenerentola, riscritta da Joël Pommerat, è messa in scena da Fabrizio Arcuri per il CSS di Udine; mentre una fiaba contemporanea è Walking on the Moon, scritta da Fabio Morgan e diretta da Leonardo Ferrari Carissimi.
Per i più piccoli, c’è un cartellone tutto per loro, assai sfizioso e di pregio che va dalla Divina Commedia raccontata ai bambini, questa volta è il turno di Inferno e Purgatorio, A Christmas Carl di Dickens, diretto da Tiziano Panici, una trilogia di successo di Fabrizio Pallara del Teatro delle Apparizioni: Fiabe da tavolo, I musicanti di Brema, Il tenace soldatino di piombo, dalla Puglia un Ahia! e una Biancaneve, dalla Romagna Il principe mezzanotte di Alessandro Serra, che firma anche il Macbettu all’Argentina, fino al Bonaventura di Tofano, a 100 anni dalla sua apparizione sul Corriere dei Piccoli, 28 ottobre 1917, a Canto la storia dell’astuto Ulisse scritto, diretto e interpretato da Flavio Albanese (la nostra terza Odissea, dopo quella di Emma Dante e di Bozzolo e Cantarella proposte nella stagione che va a finire).
Senza dimenticare il nostro must, ovvero l’opera lirica consegnata ai bambini. Se quest’anno hanno scaldato le proprie ugole nel Flauto magico di Mozart più di 25 mila bimbi romani, in una annata particolarmente entusiasmante, Europa InCanto ha aperto il cantiere della prossima Aida, che si annuncia già un nuovo trionfo, con i partecipanti a questa esperienza di formazione artistica e insieme civile che vanno moltiplicandosi di anno in anno. E che sinceramente non sappiamo più come fare a contenere le folle: si annunciano più di 40 mila bambini già iscritti al percorso che li porterà fra faraoni e piramidi.
Articolato sarà anche per la prossima stagione il palinsesto di accadimenti e cicli culturali, che hanno concorso in modo significativo a riposizionare il Teatro di Roma quale agorà civile e culturale della Capitale: da un nuovo ciclo in 4 puntate, alla domenica mattina, sulla Rivoluzione Russa, raccontata da Ezio Mauro, a 100 anni dalla sua deflagrazione, alla quarta edizione di Luce sull’Archeologia, al citato ricordo di Aldo Moro, a un festival in costruzione sui temi della legalità, intorno a Dieci storie proprio così, a un nuovo ciclo dedicato agli adolescenti, per incoraggiarli a immaginare e costruirsi un futuro meno precario e incerto, Come sono arrivato fino a qui.
Continua la collaborazione con il Teatro Palladium, questa volta con una selezione di spettacoli coerenti con i nostri cartelloni (oltre a quelli già citati diretti da Gassmann e Aronica, Le serve di Genet, con Anna Bonaiuto, Manuela Mandracchia, Vanessa Gravina, dirette da Giovanni Anfuso, e Svenimenti, di e con Elena Bucci, su lettere di Cechov, attrice già più volte ospite di India in queste ultime stagioni), cui possono partecipare gli spettatori del Teatro di Roma con biglietti speciali; così come continua la collaborazione con i già citati Romaeuropa Festival, Short Theatre, Garofano Verde, Fabulamundi, Filarmonica Romana, l’Accademia Silvio d’Amico, fino a Dominio Pubblico – La città agli under 25 e altre collaborazioni.
Abbiamo ritoccato un po’ il prezzo dei nostri biglietti, delle diverse forme di abbonamenti e delle Libertine card, certi del valore di ciò che proponiamo e per allargare ancora di più la voce dell’autofinanziamento.
Permettetemi a tal proposito di darvi qualche dato relativo alla Stagione 16.17 che va progressivamente a compiersi.
Gli spettatori in tutto sono stati 227.033.
Con questa cifra intendiamo tutte le presenze di pubblico che sono entrate a vario titolo nei nostri due teatri, Argentina e India: spettacoli a pagamento, cicli culturali a pagamento, spettacoli a pagamento di Romaeuropa Festival, Europaincanto, Accademia Filarmonica Romana, attività a ingresso libero.
Eliminando il mese di agosto (che realmente vede le sale chiuse), si è trattato di una media di circa 670 spettatori al giorno!
Gli spettacoli e le attività a pagamento sono state 152 (soltanto le nostre), mentre quelle a ingresso libero 77, per un totale di 229 attività, che hanno prodotto 889 alzate di sipario.
Gli abbonati – o vogliamo chiamarli spettatori fedeli, i nostri azionisti! – hanno rappresentato un vero e proprio exploit raggiungendo i 14.913, la cifra si compone di abbonamenti a posto fisso (2.777, dato che nel triennio ha mantenuto un trend positivo di crescita, circa 500 in più rispetto alla stagione precedente) e 12.136 card libere (arrivando quasi al doppio di quelle della passata stagione).
Elemento di vero orgoglio sono in particolare modo le “Under 18 card”, card dedicate ai giovani sotto i 18 anni, che quest’anno hanno raggiunto il considerevole numero di 1.707, raddoppiato in due stagioni (nella stagione 14/15 erano 851).
Ragazzi di vita è stato preso d’assalto dai giovanissimi: il 50% degli spettatori era di età inferiore ai 18 anni.
Ecco, per noi il Teatro è una magnifica avventura, che proviamo a vivere con passione, coraggio, rigore ogni giorno. Il Teatro Argentina e il Teatro India, e i nuovi spazi che arriveranno, sono piazze artistiche e sociali, fondamentali ancora di più in una realtà così sbussolata e in un mondo che muta a ritmi serrati e che si fa sempre più incerto.
“Sempre più spesso a chi si occupa di discipline umanistiche – e soprattutto classiche – viene chiesto: “A che cosa serve?”. Dietro questa domanda agisce una rete di metafore economiche usate per rappresentare la sfera della cultura (“giacimenti culturali”, “offerta formativa”, “spendibilità dei saperi”, “crediti”, “debiti” e così via). A fronte di tanta pervasività di immagini tratte dal mercato, però, sta il fatto che la storia testimonia una visione ben diversa della creazione intellettuale. La civiltà infatti è prima di tutto una questione di pazienza: e anche la nostra si è sviluppata proprio in relazione al fatto che alla creazione culturale non si è chiesto immediatamente “a che cosa servisse”.
Maurizio Bettini, A che servono i greci e i romani, Einaudi, 2017
Il Teatro, arte sociale per eccellenza, deve essere presente al proprio tempo, altrimenti rinnega origini e senso, la sua necessità.
Davanti alla vita, al suo percorso, siamo tutti uguali. Vogliamo che allo stesso modo, in questi templi laici dove la vita si celebra e si indaga nella sua pluralità e molteplicità, ognuno di noi, ognuno di Voi, si senta a casa, artisti e spettatori insieme, nel condividere un’esperienza preziosa e che vorremmo fosse davvero Uguale per Tutti.
Antonio Calbi
Direttore del Teatro di Roma - Teatro Nazionale
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