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Il Teatro è per sua genesi e senso una esperienza da condividere, insieme in un qui e ora comuni; il Teatro è quella forma d’arte che adotta i modi e i linguaggi della vita stessa per osservare, indagare, approfondire ciò che ci accade ogni giorno, ciò che la Storia produce. Il Teatro di Roma, grazie alla sua offerta artistica e culturale, diversificata e ricca; grazie alle sue porte aperte 11 mesi l’anno a tutte le arti e le forme dei saperi, a cittadini di ogni età, è oggi una vera e propria “agorà civile e culturale”. Ci piace pensare il Teatro come una forma di “parlamento sociale” dove la dialettica fra i diversi modi di pensare e di vivere la realtà possa concretizzarsi al meglio, innescando buone pratiche e spinte innovative. Fra le proposte del nostro segmento dedicato ai Teatri di Comunità - accanto agli spettacoli realizzati con gli attori-detenuti del carcere di Rebibbia, a quelli messi in scena con gli attori-rifugiati in arrivo dal Sud del Mondo, alle creazioni del nostro Laboratorio Teatrale Integrato Piero Gabrielli che vede lavorare e ricercare insieme attori diversamente abili, agli appuntamenti di teatro d’impegno civile (da Tante facce nella memoria, sull’eccidio delle Fosse Ardeatine, diretto da Francesca Comencini, agli appuntamenti di testimonianza con Fabrizio Coniglio e Bebo Storti) -, spicca Dieci storie proprio così, il progetto strategico e necessario costruito da Giulia Minoli e Emanuela Giordano e che tanto successo ha ottenuto lo scorso anno al Teatro Argentina e che a grande richiesta riproponiamo con l’aggiunta di nuove storie, di nuove attualità.
La preziosità e il valore aggiunto di questa operazione è nel suo essere insieme sociale, culturale, educativa, realizzata com’è attraverso il teatro, la musica, le immagini; la sua efficacia non è soltanto nel suo essere una creazione che attiva processi di scoperta e presa di coscienza, nel suo essere uno spettacolo realizzato da giovani interpreti per i loro coetanei giovani e adolescenti – ("Se la gioventù le negherà il consenso, anche l'onnipotente e misteriosa mafia svanirà come un incubo", ha detto Paolo Borsellino), ma anche e soprattutto perché restituisce al teatro il suo valore etico più alto, il suo essere occasione di formazione e di conoscenza, come amava dire Luca Ronconi. Quel coro di sette interpreti si fa portatore delle voci e delle storie tragiche di vittime e parenti delle vittime di mafia, grazie a una scrittura piana e diretta, a una interpretazione cristallina ed efficace, con il supporto di due musicisti che realizzano dal vivo una drammaturgia sonora che serve da collante ma anche da detonatore o pacificatore delle emozioni. Un progetto, questo di Dieci storie proprio così, che rammenta a tutti noi di come la criminalità sia stata e continui a essere una ferita ancora aperta nell’identità flebile di questo nostro straordinario eppure vilipeso Paese. Un progetto che dà verità e concretezza al pensiero di Giovanni Falcone quando annotava: “Gli uomini passano, le idee restano; restano le loro tensioni morali e continueranno a camminare sulle gambe di altri uomini”. Ecco perché nel 2016 abbiamo subito accolto e sostenuto questo progetto, perché è sulle gambe di questi giovani interpreti e su quelle delle folle di giovani spettatori che quelle idee di giustizia e di tensione morale continueranno a camminare. Perché siamo fortemente convinti che alla edificazione di un futuro migliore per l’Italia debba concorrere anche il Teatro: in questo vuoto di senso civico, nella polverizzazione dell’etica e dei valori che tengono insieme una comunità e un popolo, di “Storie proprio così” ne abbiamo bisogno non 10 ma 1000 e ancor più.
Antonio Calbi
Direttore del Teatro di Roma – Teatro Nazionale
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