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Il venerdì di Repubblica, 25 marzo 2016
Ci sono registi che non temono di sfidare a teatro il demone dell'Irrapresentabile. Tra questi Federico Tiezzi, 65 anni all'anagrafe, da quarantacinque anni in carriera, dal momento che fondò giovanissimo la compagnia Il Carrozzone, trascorrendo dal «teatro immagine» al «teatro di poesia» e spaziando dai classici «riappropriati» ai contemporanei, come nel caso del milanese Giovanni Testori. (...)
Perché tra le sei tragedie di Pasolini ha scelto proprio Calderón, la più lunga e probabilmente la più complessa?
Devo molto a Pasolini. Da ragazzo fu sconvolgente l'impatto con la sua versione cinematografica di Edipo re. Ne rimasi così impressionato che ne rubai i manifesti nel cinema in cui lo proiettavano. Tra tutti i testi di Pasolini, Calderón è quello che è più parte di me. Ne ho visto la prima edizione, a Prato, nel 1978, con la regia di Luca Ronconi: uno spettacolo bellissimo. Ne ho messo in scena alcuni frammenti durante il Laboratorio della Toscana che dirigo a Pistoia. Ho già realizzato negli anni Novanta Porcile, con Sandro Lombardi e, sempre con Lombardi altri due lavori sulla poesia intitolati alla Disperata vitalità, un poemetto tra i più belli dello scrittore friulano. È, insomma, un testo (e un autore) che conosco bene. Ma c'è un altro motivo di questo mio ritornarvi sopra: scavare in questo testo significa scavare nella mia formazione, non solo artistica, ma anche politica e morale; affondare le mani in quegli anni, per capirne il significato e capire cosa ancora oggi resta di quel mondo, che ci è, al pari di noi stessi,"postumo": e non parlo solo della sinistra ma di tutta la società italiana. Allo stesso tempo mi interessa la teatralità di questo testo. Che è stato invece giudicato dalla critica antiteatrale. C'è un teatro, un gran teatro del mondo, invece, con tanto di colpi di scena. La difficoltà è semmai quella di mettere gli attori nella condizione di esserne parlati più che parlarlo! Con questo spettacolo, vorrei mettere in scena anche l'autore, con le sue ossessioni, le sue profezie. E con Pasolini mi è facile perché lui si sdoppia e raddoppia in tutti i personaggi.
Il titolo rinvia esplicitamente a Calderón de la Barca e al suo La vita è sogno, rappresentato a Madrid nel 1635: i protagonisti di Pasolini hanno gli stessi nomi di quelli secenteschi. Perché Pasolini volle mettere in evidenza questa volontà di ripresa?
Mi pare che a Pasolini, del capolavoro di Calderón, interessasse soprattutto la dimensione del sognare. Tutta l'opera di Pasolini è gremita di "sogni". Credo inoltre che gli interessasse anche la presenza di un "re padre" assai ingombrante, Basilio. Uno degli assi portanti del testo è la sua natura di dramma edipico, nel quale l'abbattimento del re padre va di pari passo con la dialettica tra individuo e potere. In un primo tempo Pasolini desiderava che tutte le sue tragedie fossero pubblicate sotto il titolo generale di Calderón. Il grande psicoanalista Cesare Musatti ha notato che in friulano la parola calderón significa inferno: una suggestione che ho riverberato sia sul testo spagnolo sia sul testo di Pasolini.
Mi può riassumere l'impianto narrativo di quest'opera?
Ci sono tre sogni successivi, in tre ambienti diversi: aristocratico, proletario, medioborghese. Rosaura è all'inizio una ragazzina che vive a Madrid, tra genitori aristocratici sostenitori del franchismo. Questa prima Rosaura si innamora di un amico della madre, Sigismondo, che si scoprirà successivamente essere suo padre. Nel secondo sogno Rosaura, ormai donna, è una prostituta del sottoproletariato di Barcellona. Le fa visita un ragazzo, che gli amici, il giorno del suo sedicesimo compleanno, vogliono conosca l'amore. Rosaura si innamora del ragazzo, che poi un prete le svelerà essere suo figlio. Nel terzo sogno Rosaura è una madre afasica e narcolettica: vive in un ambiente di piccolo borghesi che, dice Pasolini, sono peggiori dei fascisti. Si tratta di una donna ammalata, con disturbi del linguaggio (una specie di dislalia): e noi scopriamo che è lei ad aver sognato gli altri due sogni. Ora, questa madre piccolo borghese si innamora di uno studente che sta fuggendo dalla polizia durante una manifestazione e che le sembra suo figlio. Ma Rosaura è ìn realtà in un lager, che è proprio la sua condizione piccolo borghese: e qui aspetta l'arrivo dei liberatori in veste di operai con bandiere rosse. A questa parabola grottesca sovrintende, cupo, Basilio, il re, il padre, il potere che confligge in ogni sogno con l'individuo che cerca di esprimersi per quello che è. Rosaura tenta ogni volta, sognando, di sottrarsi al codice oppressivo, in base al quale è costretta a vivere. E l'amore incestuoso, un amore cioè simbolo di diversità e di trasgressione, costituisce la fuga dall'ordine e dalle regole che la società impone all'individuo.
Il succedersi di ambienti diversi, una tecnica che Pasolini sembra aver mutuato dal cinema, come viene risolto scenicamente?
Ho diviso il dramma in tre zone: una zona storica, la prima, dove gli argomenti e i temi e i corpi sono, appunto, "storici", dove ricostruirò in scena il quadro Las Meninas di Velàzquez che tanta importanza ha in questo testo. Nel primo sogno parla la Storia. Nel secondo, i personaggi hanno una comunicazione più diretta: e il corpo è coinvolto nelle pulsioni della sessualità. In questo sogno parla la Natura. Nel terzo sogno assistiamo a un confronto ideologico più serrato tra i personaggi: il corpo è assente e protagonista diviene il linguaggio e il suo contrario, l'afasia. Cioè nello scontro tra Storia e Natura si inserisce il Pensiero.
Il substrato storico della vicenda è invece molto compatto: siamo in Spagna, prima e dopo la guerra civile e i suoi successivi soprassalti, sotto l'impulso di una utopia comunista.
Questo substrato di speranze e del loro fallimento, può ancora coinvolgere il pubblico d'oggi?
Questo testo è il dramma della borghesia. Tutti i personaggi di Calderón sono in realtà uno solo: la borghesia, appunto. Riducendo il testo ho fatto attenzione a conservare i riferimenti storici più conosciuti, togliendo in parte quelli che mi sono apparsi superati. (...) Calderón diviene un grande affresco delle speranze politiche, sociali e morali di quegli anni e ha il suo specchio nel formidabile romanzo "incompiuto" Petrolio (...). Mi sono chiesto, è vero, che cosa il pubblico più giovane potrà capire di quella passione che ci aveva coinvolto: ma ho deciso che attraverso Pasolini dovevo parlarne. E vedere se proprio attraverso lo spettacolo sarà possibile il recupero di una memoria storica e di una passione civile, scomparsa nella desolazione del presente.
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