documenti collegati
Un bunker di cemento armato è il luogo in cui avviene questa storia. Qui dentro vive il Re malato che ha perso la memoria ma non ancora il potere.
E proprio il potere è il tema da cui siamo partiti con Michele Santeramo, tre anni fa, per sviluppare un’indagine che ci ha condotto a riflettere sulla famiglia, la mafia e la politica.
Questo percorso – fatto anche di laboratori teatrali come Alzheimer mon amour, di riflessioni, discussioni e studi che abbiamo presentato al Teatro Franco Parenti di Milano e al Teatro India di Roma – è stato il terreno su cui sono nati i personaggi del Preamleto.
Io e Michele abbiamo cercato di attualizzare l’opera di Shakespeare senza tradirla ma cambiandola completamente.
Una storia attuale che racconta di una famiglia fatta di persone che cercano di farsi strada attraverso le proprie debolezze. Nessuno riesce a fare la cosa giusta al momento giusto; quella cosa giusta che cambierebbe le sorti della tragedia che conosciamo e che conduce inesorabilmente a violenza e morte.
In scena incontriamo i potenti riconosciuti come tali e quelli abituati a elemosinare un saluto o un favore. Il potere è crudele e implacabile, ma l’atteggiamento che abbiamo noi di fronte a esso è spesso quello di uomini stupidi e privi di giudizio. Riponiamo fiducia in chi comanda sperando che in futuro tutto possa andare meglio. Siamo le vittime del potere ma anche la sua causa.
Insieme a questo gioco che parla di vite umane che si corrompono a contatto con il potere entra il teatro. In questa storia sono presenti un livello narrativo e uno meta teatrale che ho voluto evidenziare con la regia: personaggi intrappolati in un testo che non vogliono più recitare e altri invece che rincorrono una storia che sembrano già conoscere; e poi il confronto tra generazioni diverse di attori. È un meccanismo di realtà e finzione che fa vivere la verità dei sentimenti e delle relazioni umane dentro l’artificio del teatro nel teatro.
È stato difficile e stimolante lavorare con gli attori su questi due piani. Da una parte ho lavorato come sempre su un’interpretazione che portasse l’attore a stare e non a mostrare, a lavorare come mia abitudine nella direzione di un teatro vivo. Ho cercato di valorizzare le spinte vitali del testo e portare all’estremo alcuni conflitti drammaturgici cercando il più possibile di allontanarmi dagli stereotipi del teatro di prosa per cercare di parlare di noi, dell’oggi.
Dall’altra parte invece ho lavorato con l’attore ricordandogli sempre della realtà scenica che viveva di momento in momento all’interno della storia, spingendolo a ricordarsi di stare dentro una finzione. Il personaggio del Re consapevole del futuro che lo aspetta si diverte a prendere in giro tutti gli altri personaggi che ancora credono in questa commedia, ma è anche l’attore che si confronta con la sua lunga carriera sui palcoscenici d’Italia e difende la necessità di continuare a fare commedie diverse da quelle che ha recitato fino adesso. I dubbi di Claudio sono quelli del personaggio ma anche quelli dell’attore a cui è stato assegnato quel ruolo.
Gertrude, come in Shakespeare, complotta per il potere e come attrice sperimenta la rottura di certi schemi recitativi per abbracciarne sempre di nuovi nella ricerca costante di un dialogo che le è negato con gli altri personaggi, per cercare di sedurli. Amleto è giovane e impulsivo e non segue i consigli del padre e vuole recitare il ruolo che gli è stato assegnato e come giovane attore spesso entra in conflitto con le generazioni precedenti di attori. L’unico a non avere dubbi è Polonio che infatti recita la sua parte.
Uomo, attore e personaggio in questo spettacolo si alternano continuamente e il lavoro è stato quello di guidare l’attore in questa alternanza all’interno di una vita teatrale complessa che punta a non banalizzare i personaggi e a non raccontare un’unica verità.
Veronica Cruciani Regista e attrice, diplomata alla Civica Scuola d’Arte Drammatica Paolo Grassi. Nel 2003 interpreta e dirige insieme ad Arturo Cirillo il monologo Le nozze di Antigone (premio Oddone Cappellino e segnalato al premio Riccione), scritto per lei da Ascanio Celestini. Nel 2004 fonda la Compagnia Veronica Cruciani, con cui conduce un’indagine sul rapporto fra memoria e drammaturgia contemporanea. Nel 2008 con Il ritorno di Sergio Pierattini, di cui è regista e produttrice, vince il Premio della Critica per il miglior testo italiano. Nel 2011 produce e dirige La palestra di Giorgio Scianna e nel 2012 Peli di Carlotta Corradi. Nello stesso anno vince il Premio Hystrio-ANCT dell’Associazione Nazionale dei Critici italiani «per lo sguardo, antico e moderno al tempo stesso, con cui ha saputo leggere splendidamente luci e ombre della realtà del nostro tempo». Dal 2013 al 2015 è direttore artistico del Teatro Biblioteca Quarticciolo di Roma. Nel 2015 è prodotta dal Teatro di Roma firmando la regia del Preamleto di Michele Santeramo e dal Teatro Carcano di Milano per la regia di Due donne che ballano di Josep Maria Benet con Maria Paiato e Arianna Scommegna. È tra i docenti della Scuola Officine Pasolini della Regione Lazio, Accademia Stap Brancaccio e Accademia Padiglione Ludwig. Nel cinema lavora come attrice e acting coach; nel 2015, ad esempio, l’abbiamo vista alla Mostra del Cinema di Venezia in Viva la sposa di Ascanio Celestini.
News
-
Visita spettacolo al Teatro India
-
Il compratore di anime morte
-
“L’eco der core” Roma com’era, Roma com’è nei testi e nelle canzoni di Roma
-
Visita spettacolo al Teatro India
-
Una giornata fatale del danzatore Gregorio Samsa
-
Roma in versi
-
È nato il nuovo canale Instagram della Fondazione Teatro di Roma!
-
Teatro di Roma, nominato il nuovo Consiglio di Amministrazione
-
Il Teatro di Roma diventa Fondazione
-
Carta Giovani Nazionale
-
Art Bonus - Sostieni il tuo teatro!