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Una città molto grande ha bisogno del resto del mondo, si alimenta come una fiamma a spese di un territorio e di un popolo di cui consuma e trasforma in intelligenza, in parole, in novità, in atti e in opere i tesori muti e le riserve profonde. Essa rende vivo, ardente, brillante, conciso e attivo quel che dormiva, covava, si accumulava, maturava o si decomponeva senza lustro nell'estensione indeterminata e monotona di una vasta regione.
Le terre abitate si formano così alla maniera delle ghiandole, organi che elaborano ciò che agli uomini occorre di più prelibato, più violento, più vano, più astratto, più eccitante, di meno necessario all'esistenza elementare anche se indispensabile all'edificazione di esseri superiori, potenti e complessi, e all'esaltazione dei loro valori.
Ogni grande città d'Europa o d'America è cosmopolita: il che può tradursi così: più una città è vasta, più è varia, più grande è il numero delle razze che vi sono rappresentate, delle lingue che vi si parlano, degli dèi che vi sono simultaneamente adorati.
Ognuna di queste città troppo grandi e vitali, creazioni dell’inquietudine, dell'avidità, della volontà combinate con la configurazione locale del suolo e con la situazione geografica, si conserva e cresce attirando a sé quanto vi è di più ambizioso, di più inquieto, di più libero intellettualmente, di più raffinato nei gusti, quanto esiste di più vanitoso, di più lussurioso e di più molle relativamente ai costumi.
Si va nei grandi centri per farsi strada, per trionfare, per elevarsi; per godere, per consumarsi; per confondervisi e trasformarsi; e in definitiva per giocare le proprie carte, per essere alla portata del maggior numero possibile di occasioni e di prede, siano donne, posti, idee, relazioni, facilitazioni varie; per attendere o provocare l'evento favorevole in un ambiente denso e carico di opportunità, di circostanze, e sempre ricco di imprevisti, che scatena la fantasia verso tutte le promesse dell'incerto.
Ogni grande città è un'immensa casa da gioco. In ciascuna, però, è un certo gioco a dominare. L'una si inorgoglisce di essere il mercato di tutti i diamanti della terra; l'altra detiene il controllo del cotone. Questa ha in pugno lo scettro del caffè, o delle pellicce, o della seta; quest'altra fissa l'andamento di mercato dei trasporti o degli animali selvatici, o il corso dei metalli. Un'intera città odora di cuoio; un'altra profuma di cipria.
Parigi fa un po' di tutto. Non che non abbia la sua specialità e la sua vocazione particolare; ma appartiene a un ordine più sofisticato, e la funzione propriamente sua è più difficile da definire di quelle delle altre città.
La moda femminile e le sue variazioni; la produzione di romanzi e commedie; le diverse arti che tendono all'affinamento dei piaceri fondamentali della specie - tutto questo le è comunemente e facilmente attribuito.
Ma è necessario considerare la cosa con maggiore attenzione e ricercare un po' più a fondo il carattere essenziale di questa famosa Parigi.
Ai miei occhi essa è innanzitutto la città più completa che esista al mondo, poiché non ne vedo altre dove la varietà delle occupazioni, delle industrie, delle funzioni, dei prodotti e delle idee sia più ricca e composita che qui.
Essere a un tempo la capitale politica, letteraria, scientifica, finanziaria, commerciale, voluttuaria e suntuaria di un grande paese; rappresentarne l'intera storia; assorbirne e concentrarne la totalità sia della sostanza pensante sia del credito, nonché di quasi tutte le capacità e disponibilità di denaro – tutto questo, buono o cattivo che sia per la nazione di cui è coronamento, è il motivo per cui tra tutte le città che giganteggiano si distingue la città di Parigi.
Le conseguenze, i vantaggi immensi, gli inconvenienti, i gravi
pericoli di tale concentrazione sono facili da immaginare. Un così rilevante coacervo di esseri variamente inquieti, di interessi tutti diversi fra loro che si intrecciano, di ricerche perseguite nella stessa atmosfera che, pur ignorandosi, non possono però non modificarsi l'un l'altra per influenza reciproca; le promiscuità precoci tra giovani nei loro caffè, le combinazioni fortuite e i riconoscimenti tardivi fra uomini maturi' e parvenus nei salotti, la mobilità molto più facile e spedita che altrove degli individui nell'edificio sociale, suggeriscono di Parigi un'immagine totalmente psicologica.
Parigi fa pensare a una sorta di ingrossamento di un organo del pensiero. Vi regna una mobilità tutta mentale. Le generalizzazioni, le dissociazioni, le prese di coscienza, l'oblio, sono qui più repentini e più frequenti che in qualunque altro luogo della terra. Un uomo, con una sola parola, si fa un nome o si rovina in un istante. Le persone noiose non vi incontrano altrettanto favore di quanto ne accordano loro altre città europee; e questo a detrimento, talvolta, delle idee più profonde. Non manca la ciarlataneria, ma viene quasi subito riconosciuta e definita. Non è male, a Parigi, mascherare quanto si ha di saldo e di faticosamente acquisito sotto una leggerezza e una grazia che preservano le virtù segrete del pensiero più attento e meditato. Questa sorta di pudore o di prudenza è qui talmente comune da conferire alla città, agli occhi degli stranieri, l'apparenza di un luogo fatto solo di lusso e di facili costumi.
Il piacere è in prima linea. Si viene qui espressamente per abbandonarsi ad esso, per divertirsi. Qui si assorbono con facilità molte idee false sulla nazione più misteriosa del mondo, che del resto è anche la più aperta.
Ancora poche parole su un tema molto ampio, che non è certo possibile esaurire in questa sede. Parigi, il cui carattere è il risultato di una lunghissima esperienza, di un'infinità di vicissitudini storiche; Parigi che, in uno spazio di trecento anni, è stata due o tre volte la guida dell'Europa, tre volte conquistata dal nemico, teatro di una mezza dozzina di rivoluzioni politiche, creatrice di un numero straordinario di reputazioni, demolitrice di una quantità di scempiaggini, e che continuamente richiama a sé il fiore e la feccia della razza - Parigi è diventata la capitale di diverse libertà e il centro dell'umana socievolezza.
La crescita della credulità nel mondo, dovuta all'indebolimento della chiarezza di idee e all'accesso di popolazioni esotiche alla vita civilizzata, minaccia quel che contraddistingueva lo spirito di Parigi. L'abbiamo conosciuta capitale della qualità, e capitale della critica. Tutto fa temere per queste corone che secoli di raffinate esperienze, di idee illuminanti e di scelte avevano cesellato.
Paul Valéry, 1927
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