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Un ricordo di Pier Paolo Pasolini
a cura di Dacia Maraini, Antonio Calbi e Francesco Siciliano
Maratona di letture da Petrolio interpretate da
Urbano Barberini, Giorgio Barberio Corsetti, Bernardo Bertolucci, Francesca Benedetti
Paolo Bonacelli, Ascanio Celestini, Ninetto Davoli, Giuliana De Sio, Piera Degli Esposti
Abel Ferrara, Iaia Forte, Massimo Foschi, Paolo Graziosi, Monica Guerritore
Lino Guanciale, Roberto Herlitzka, Roberto Latini, Lorenzo Lavia, Luigi Lo Cascio
Antonio Piovanelli, Massimo Popolizio, Francesco Siciliano, Carla Tatò
brani scelti da Dacia Maraini
cura scenica Francesco Siciliano
orario evento
dalle ore 19 alle ore 22
ingresso libero fino a esaurimento posti scrivendo a community@teatrodiroma.net
si consiglia la visione a un pubblico adulto
Quando ho letto Petrolio anni fa, ho fatto fatica ad andare avanti. Mi sembrava di ascoltare una voce che non riconoscevo: una visione così sconsolata, brutale e provocatoria non mi sembrava corrispondesse al Pier Paolo che avevo frequentato io. Quel Pier Paolo con cui avevo lavorato ad una sceneggiatura che sprizza allegria e amore per la vita, quel Pier Paolo compagno di lunghi viaggi in India, in Africa, durante i quali non aveva mai espresso un solo momento di rabbia e di disprezzo per le donne. Mi suonava all’orecchio come una provocazione disperata che non volevo ascoltare.
Oggi, quando Antonio Calbi, il direttore del Teatro Argentina, mi ha chiesto se avessi voglia di scegliere delle pagine da leggere ad alta voce per una serata in onore del grande poeta e narratore, ho ripreso in mano il libro con spirito diverso, forse con una maggiore calma interiore e l’ho trovato potente, originalissimo, pieno di suggestioni, di teorie profonde, di geniali descrizioni, di un malinconico e struggente amore per la natura e i sogni. E anche profetico, come possono essere profetici i poeti che pescano nel grande mare dell’inconscio collettivo
Difficilissimo scegliere le pagine per due ore e più di lettura in mezzo alla valanga di quasi settecento fogli che compongono il volume. Ma, leggendo e rileggendo, ho capito che era molto più facile di quanto credessi, perché la struttura di Petrolio è fatta per essere smembrata. Frammentaria, fluida, audace negli accostamenti, incurante della trama, libera da ogni legame logico, divertita nel mescolare toni alti a toni bassi, provocatoria nel descrivere con minuziosa precisione atti sessuali considerati tabù, attentissima alla politica quotidiana ma anche insensibile a ogni problema di verosimiglianza dell’attualità, il libro si presta ad essere scansionato, spezzato, diviso, manipolato. Anzi direi che questa è la lettura che suggerisce, come un puzzle che ciascuno si diverte a comporre secondo i suoi tempi, le sue capacità, le sue intuizioni, le sue logiche.
Ho seguito con la naturalezza e l’agio che suggerisce il libro, il suo intenso fluire, passando dalla lenta e meravigliosa musica della contemplazione, alle rapide e perfide incursioni nel mondo della politica e delle società letterarie, dal ritmo calzante delle descrizioni erotiche al grande canto delle profezie. Il sarcasmo è spesso seguito dal singulto di un corpo che fatica a riconoscersi come tale. Uomo o donna? Pene o vulva? Le metamorfosi sono continue e dolorose. Il corpo del protagonista è pronto a dividersi in due: bellissimo il racconto di Carlo che si scopre diverso da Karl, il suo doppio, prima chiuso dentro un corpo maschile che anela a stupire e stuprare donne e bambine, poi prigioniero di un corpo femminile dotato di seni e utero, in cerca di corpi maschili che riempiano i suoi vuoti.
Censurare le descrizioni più brutali come lo stupro della madre e della nonna? E che fare delle innumerevoli fellatio nei prati sporchi e malandati della periferie romane? Devo pensare, mi sono detta, che si tratta di una lettura in teatro, a voce alta, che, per forza di cose, acquista un significato diverso dalla lettura solitaria, individuale. Ma poi ho riflettuto che sarebbe un tradimento, anche un poco vile. Se il libro vuole sfidare il pudore tradizionale, sarebbe una ipocrita forzatura censurare quella sfida o passarla sotto silenzio. Quindi, ho deciso: i tagli non potranno che essere di quantità, non di qualità.
Il fastidio per i dettagli sessuali l’ho superato nel momento in cui ho capito la forza utopica e arcana del sogno sessuale pasoliniano. Che si allontana di molto dalle rivendicazioni degli omosessuali quando chiedono parità di diritti, possibilità di sposarsi, di allevare figli eccetera, cose sacrosante dal punto di vista civile, ma che Pier Paolo detestava. Il suo delirio erotico è una lunga e incantata corsa per afferrare e fermare il bambino gonfio di emozioni che è stato abbandonato in qualche campagna friulana, pietrificato per sempre nel suo gesto di affannarsi dietro un pallone, accanto ad altri ragazzini accaldati, felici, ignari e innocenti come lui. Qualcosa è successo durante l’infanzia friulana che, come la maledizione di una fata misteriosa, ha portato il ragazzo Pasolini a ripetere senza soste l’inseguimento di un se stesso giovanissimo che mai potrà raggiungere.
Una sessualità ripetitiva, ossessiva, in cui il dolore si intreccia all’estasi, la allegria alla più nera disperazione. Curioso che un uomo dal cervello finissimo e il talento straordinario, abbia sentito il bisogno di affidare tutto il suo difficile rapporto con la vita solo e soltanto al corpo. Quel corpo che alla fine diventa l’unico testimone carnale di una vicenda universale, impastata di dolore e di rapimento, di maledizione e di dolcezza. Molto simile, da un certo punto di vista, al rapporto che i mistici avevano con il proprio corpo, che soccombeva nella misteriosa glorificazione di un’anima votata al sacrificio.
In questo libro doloroso, audace, provocatorio e linguisticamente sperimentale, ritroviamo il vero Pasolini, quello che seppe scandalizzare un’epoca prevedendo che poi, come è puntualmente accaduto, lo scandalo si sarebbe trasformato in ammirazione e riconoscenza, col rischio addirittura di mutarsi in moda e feticismo. Un mistico laico, se si può immaginare una simile contraddizione, Pasolini lo era e lo diventa sempre di più, nel momento in cui le sue bellissime poesie, i suoi profondi ragionamenti, i suoi azzardi linguistici, la sua rapace fame di vita, i suoi più spericolati sogni erotici, vengono suggellati da una morte atroce e indecifrabile, che lo trasforma in vittima sublime. Vittima non solo di una congiura politica, o di una oscura vendetta “piccolo borghese”, ma di una società oltraggiata e oltraggiante che l’ha prima crocifisso e poi preso ad emblema della propria desolata sorte umana.
Dacia Maraini
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