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Fabrizio Cassol | Aka Moon
Musicisti Da Egitto, Siria, Turchia, Francia, Belgio, U.S.A
direzione artistica, composizione, sassofono Fabrizio Cassol
Romaeuropa Festival 2015
batteria Stéphane Galland
basso Fender Michel Hatzigeorgiou
chitarra Emmanuel Bailly
violino Tcha Limberger
flauto, voce Malik
mezzadri Derbouka Ahmet Misirli Yldirim Oud
voce Khaled Aljaramani, Mustapha Hejab
voce Khaled Alhafed Tromba, Santour Amir el Saffar
consigliere artistico Fawaz Baker
foto © Fabrice Giraud
Prodotto da Royaumont Foundation / Transcultural Music Program Coprodotto da Festival International d’art lyrique d’Aix-en-Provence, Marseille Provence 2013 / European Culture Capital 2013, KVS (Belgium), Bozar (Belgium) Con il sostegno di SACEM, French Institute in Cairo
orari spettacolo
ore 21
durata 90 minuti
biglietti
da € 18 a € 25
Inventare un alfabeto per esprimersi insieme, ma ognuno nella propria lingua, e comprendersi: un sogno antico e un esperimento contemporaneo animano “AlefBa”, il concerto creato da Fabrizio Cassol, assieme al suo gruppo Aka Moon e a musicisti di quattro continenti, Africa, America, Asia, Europa. Compositore e sassofonista belga, Cassol adora le avventure interculturali, dove la musica è il tramite di scambi tra le persone e quindi tra le culture. Lo scoro anno ha presentato a Romaeuropa “Coup Fatal” in collaborazione con Alain Platel, uno spettacolo dedicato alla musica centroafricana -in particolare del Congo- in un elettrizzante cortocircuito con il barocco di Händel e Bach. In “AlefBa”, titolo che rimanda alle prime due lettere dell’alfabeto, Cassol guida un gruppo di straordinari musicisti provenienti dalla Turchia, dall’Egitto, dalla Siria, dagli Stati Uniti e dal Belgio: strumenti tradizionali, come l’oud, il flauto, le percussioni, il violino, il sassofono, sono affiancati da una sezione ritmica formata da basso, chitarra elettrica e batteria. Ognuno dei musicisti parla la propria musica, attento e partecipe a quanto arriva dagli altri. Inflessioni arabo-africane, jazz, zigane, funky, si fondono in un’unica grande perorazione, dove svettano i falsetti maschili, le poliritmie, l’improvvisazione e squarci di polifonia vocale come oasi in una pista nel deserto. Lo stesso impaginato musicale, dove tradizioni differenti e lontane trovano per ogni brano equilibri di volta in volta diversi quasi fossero immagini sonore assemblate in un caleidoscopio, svela la vera cifra di Cassol che non è solo quella di saper amalgamare culture musicali diverse, ma di rendere questo incontro libero, rischioso, spontaneo.
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