documenti collegati
Dopo trent'anni torno a confrontarmi con l’Eneide, con gli scenari e gli dei di un mito fondativo per la storia dell’occidente, quello virgiliano, e per la mia ricerca artistica quello del segno tecnologico e elettronico meglio conosciuto attraverso il laser. Questa nuova prova mi riporta inevitabilmente alla voce di Krapp, indimenticabile creatura beckettiana, che, dopo aver ascoltato una vecchia bobina magnetica, dice: "Ho appena finito di sentire quel povero cretino per il quale mi prendevo trent'anni fa...”
Non avrei mai immaginato che questa frase, che pure mi sono portato profondamente dentro nel mio incontro fondamentale con Beckett, avrebbe toccato la mia esistenza; e invece eccomi qui, all'ascolto di un'opera che proprio trent'anni fa aprì gli orizzonti della mia ricerca.
Tornare all'Eneide di Krypton è come riavvolgere il nastro di un lungo tratto del mio percorso, è come riesumare le tracce della mia esperienza per comprenderne il senso, per rilevarne gli sguardi incontrati, per mettere meglio a fuoco i risultati raggiunti e, insieme, quelli falliti che, in linea con il pensiero beckettiano, dell’arte sono la migliore essenza. Mi ritrovo adesso nella scena, nel tentativo di rivivere il viaggio di una mia opera senza i corpi giovani e prestanti che la abitavano, fieri dentro le loro corazze di plastica e di plexiglass, ma sostenuto dai musicisti, anch’essi decisi a entrare nella scena e a farsi attori della loro opera, così restituendo la forza originaria di una grande intuizione giovanile.
Chiamato dal progetto a offrire la voce alle parole virgiliane, mi vedo nella luminosa scena come un caparbio interprete che si illude di potersi riappropriare di quella materia espressiva esile e leggera, con il mio corpo pesante, goffo e provato dal tempo: improvvisare un improbabile e disorientato direttore d’orchestra, che si ritrova a giocare con il più importante giocattolo della sua vita, mentre l’orchestra suona con grande maestria, ignorandolo. Questa nuova ENEIDE si trasforma in una immersione emozionale in quelle notti di trent'anni fa trascorse a pensare come affrontare il poema, come fuggire dalle parole per tradurle in immagini e in suoni, con lo sguardo più di un pittore che di un regista.
I quadri scenici che scaturiscono dall'esercizio di sottrazione, dalla ardua sintesi di un'opera gigantesca, ora accolgono la parola attraverso un testo che ho ricomposto per frammenti, come una canzone scritta per ciascun quadro. Virgilio, Enea, Didone, Turno e infine Lavinia che nel poema è un personaggio significativamente silenzioso e che qui, invece, prende corpo attraverso la bellissima voce di Ginevra Di Marco. Inutile sottolineare in che misura l'approdo di Enea sulle coste libiche evochi gli sbarchi che segnano tragicamente il tempo presente. Così come la sacralità dell’accoglienza riservata agli stranieri fuggiaschi da Troia distrutta, espressa nelle parole di Didone, faccia inevitabilmente riflettere sull’emergenza dei nostri giorni. E come amore e morte, così legati simbolicamente, e le battaglie di conquista ancora oggi narrino parte dell'esistenza umana, in un'epoca in cui in Europa si sente parlare di una terza guerra mondiale.
Mentre nello spettacolo post-moderno del 1983, fondato sull'immagine e sulla “superficie”, io e i musicisti restavamo fuori dal palcoscenico, chiusi nella cabina di regia, in questo nuovo allestimento entriamo in scena per convogliare, attraverso l'azione live, quella energia creativa ed espressiva che è stata per tutti noi un grande punto di partenza, e far sì che una nuova energia ora sottolinei una funzione dell’arte che non può più essere soltanto estetica. L’opera rinasce tra le nostre mani sotto forma di CONCERTO TEATRO perché vogliamo misurarci con il tempo presente, proiettarci nella memoria, e andare oltre, per indagare nuovi territori, ma anche per ripristinare il senso profondo della poesia.
Quel rumore estetico di Eneide di Krypton di trent’anni fa, torna con la necessità di contrastare il marcio rumore contemporaneo che assilla e intacca l'arte e la creatività.
Una vera e propria vibrazione di suono e voce, una tessitura tra musica rock e parola teatrale che scaturisce dalla lunga esperienza di Gianni, Antonio, Francesco e mia, ancora tutti desiderosi di invenzione, di creazione, di ritmo, di rumore.
Giancarlo Cauteruccio
News
-
Visita spettacolo al Teatro India
-
Il compratore di anime morte
-
“L’eco der core” Roma com’era, Roma com’è nei testi e nelle canzoni di Roma
-
Visita spettacolo al Teatro India
-
Una giornata fatale del danzatore Gregorio Samsa
-
Roma in versi
-
È nato il nuovo canale Instagram della Fondazione Teatro di Roma!
-
Teatro di Roma, nominato il nuovo Consiglio di Amministrazione
-
Il Teatro di Roma diventa Fondazione
-
Carta Giovani Nazionale
-
Art Bonus - Sostieni il tuo teatro!