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“Questo azzardo – dichiara in proposito il direttore del Teatro di Roma Gabriele Lavia – è un avventurarsi nell’ombra, senza confini definiti. È un’apertura, un liberarsi che riporta al sogno di un teatro come spazio aperto, libero e che libera.”
“Un cantiere nel cantiere. È il punto di forza di questo progetto. Un progetto che scommette,
rischia, apre piuttosto di affermare e infine bilancia la chiusura per ristrutturazione del teatro India.
Teatro che rappresenta per vocazione un luogo di ricerca e sperimentazione per gli artisti
e per il pubblico della città.
Un cantiere nel cantiere che segna l’incontro tra il Teatro di Roma e 18 compagnie di generazioni e orientamenti artistici anche molto diversi, ma che questa città la abitano e la vivono artisticamente. Come punto di partenza, il tema della perdita, suggerito dal direttore Gabriele Lavia.
Nonostante l’esiguità del tempo a disposizione, le poche economie e l’inevitabile eterogeneità
degli artisti coinvolti, le compagnie hanno scelto di cercare una modalità comune attraverso
una serie di dispositivi a maglie larghe che permettano reciproche incursioni e contaminazioni.
Le ipotesi e piste di lavoro iniziali dei singoli attraverseranno tutti i possibili incroci, sovrapposizioni, prove di convivenza e ne usciranno necessariamente modificate.
Una vera e propria factory i cui risultati per definizione sono difficili da prevedere.
Da ottobre ai primi di dicembre il teatro India sarà abitato quotidianamente per le prove, la verifica dei lavori e la messa a punto delle idee. Questi mesi di lavoro saranno aperti alla città con laboratori, prove aperte, interventi di altri artisti e della cittadinanza.
Dal 3 al 21 dicembre il cantiere mostrerà al pubblico il punto dei lavori. Un periodo abbastanza lungo per evitare la forma festival o la rassegna.
Ragionare in questa direzione significa non definire ora nel dettaglio il programma: ci sono le 18 compagnie, una linea guida sulla perdita, un abitare India.
Il programma dettagliato dell’apertura al pubblico arriverà dopo la metà di novembre in modo da essere davvero il risultato del processo di condivisione.
È chiaro che questo azzardo, sia da parte del Teatro di Roma che si affida ad un programma non ancora definito, che da parte delle compagnie, qui implicate in un investimento di tempo ed energie ben più complesso della presentazione di un proprio lavoro individuale, ha la sua ragione portante nell’essere una ideale “puntata zero” di un progetto a lunga scadenza.
Un progetto che preveda una seconda tappa e una progettazione futura, a partire dai risultati di questa avventura, e un’apertura maggiore alla scena romana.
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