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II viaggio produttivo
Con Utopia e' stato un colpo di fulmine. Appena letto ho pensato: peccato non averlo mai visto ancora rappresentato in un teatro italiano, che sfida incredibile sarebbe stata portarlo in scena!
Un testo magnifico certo, ma monumentale, sproporzionato alle nostre forze produttive. Una trilogia con più di 70 ruoli per una durata di quasi nove ore complessive, in una stagione di crisi profonda del nostro teatro e del nostro Paese. Ma più argomenti scoraggianti mi si raccoglievano in testa, piu' si faceva forte la spinta a non indietreggiare.
Ho preso i diritti, che erano liberi; ho concordato con Stoppard i tempi della produzione; ho fatto leggere il testo a Marco Tullio Giordana. Il viaggio è partito da lì. E' continuato con la condivisione stimolante di Mario Martone ed Evelina Christillin, si è chiuso con quella altrettanto generosa di Gabriele Lavia e Franco Scaglia. Senza dimenticare il contributo prezioso di Monique Veaute e della Fondazione Romaeuropa.
I tre spettacoli costeranno, alla fine, un decimo della versione americana e un sesto di quella inglese. E questo perché in Italia, splendido e disgraziato paese, ci sono ancora voglia, capacità, sensibilità, che lo rendono, in fondo, unico.
The Coast of Utopia non è mai stato prodotto nell'Europa continentale, neppure in Francia o in Germania dove il sostegno alla cultura in generale e al teatro in particolare, è sistemico, considerato basilare dall'intera comunità. Attori, tecnici, collaboratori (non posso non citare le instancabili ragazze della PAV), scenografo, costumiste: tutti hanno condiviso lo spirito della sfida, che a prescindere da come lo spettacolo verrà giudicato, credo valga un apprezzamento sincero. Tre spettacoli di circa 2 ore e mezza ciascuno, 3 anni di progettazione, 3 mesi di prove, 200 abiti, 68 quadri, 80 cambi di scena, 31 attori e con maestranze, tecnici e staff produttivo 68 persone impegnate. Numeri che dicono la fatica, l'impegno, la tenacia e la responsabilità necessarie per arrivare fino in fondo.
Ho cercato di ripagare tutti mettendomi al servizio di questo progetto. E' stata questa la ragione per cui - d'accordo con Marco Tullio - ho deciso di togliermi dalla scena. Un sacrificio enorme che con il passare delle settimane si è trasformato, malgrado qualche attacco di nostalgia, in una esperienza magnifica che vorrei non restasse un unicum. Portare in Italia grandi testi contemporanei, dare l'opportunità ad autori italiani di vedersi rappresentati, mettere alla prova attori giovani e meno giovani, andandoli a cercare e scegliere, è appagante quanto un lungo applauso. D'altra parte non c'era altro modo di realizzare in Italia The Coast of Utopia. L'apice artistico di uno scrittore prolifico e pluripremiato. Un'opera cecoviana, oggi.
Un'inversione a U sull'autostrada della contemporaneità. Inattuale? Lontana da noi? Mi sono innamorata di questo testo proprio nella convinzione che ogni frase sarebbe risuonata necessaria allo spettatore, soprattutto italiano. Non mi sarei mai messa alla prova in un'opera così difficile e complicata se non fossi stata convinta di questo. In totale sintonia con il mio regista, senza il quale non ci sarebbe mai stato questo spettacolo.
Invece, tre anni dopo, eccoci qui.
Michela Cescon
Zachar Produzioni
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