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dal romanzo di Robert Walser
progetto e regia Lisa Ferlazzo Natoli
con Alberto Astorri (Benjamenta)
Andrea Bosca (Jacob), Emiliano Masala (Kraus) Monica Piseddu (Lisa)
regia suoni Alessandro Ferroni
luci Luigi Biondi
costumi e scene Fabiana Di Marco
aiuto regia Alice Palazzi
assistente alla regia Mattia Cinquegrani
produzione lacasadargilla, Teatro Vascello e Festival Inequilibrio/Armunia in collaborazione con Teatro di Roma
orari spettacolo
ore 21.00
Jacob von Gunten, un diario.
Un giovane di buona famiglia si iscrive all'Istituto Benjamenta, scuola per servitori, e presto si rende conto che non vi si insegna apparentemente nulla, che gli studenti passano il tempo senza quasi far niente, dedicandosi alle pulizie o mandando a memoria brani di un misterioso manuale d'educazione; che i professori dormono o sono come morti. L'istituto è diretto dal signor Benjamenta e da sua sorella Lisa, e tra gli allievi c'è Kraus, modello del servo perfetto. Jacob ha un'intemperanza, una grazia e un inconsapevole intuito che gli permettono di intercettare qualcosa nei fratelli e in Kraus. Con un doppio movimento - d'attrazione e repulsione - si ritrova così in un tempo sospeso, tra le risate argentine di Lisa, gli scoppi di violenza del Direttore e le schermaglie con Kraus.
E lentamente, un "senso strano, di contentezza" lo pervade.
Jakob, il Direttore, Lisa e Kraus parlano a se stessi in presenza d'altri, si lasciano origliare mentre eseguono falsi duetti, canti a due o tre voci, soliloqui pubblici. Tra le mura dell'Istituto, parole e gesti sembrano testimoniare un'impossibilità: quella di contenere il senso della vita; come voci che scavano nella natura di quella cosa che chiamiamo identità, fino a morirne, a scomparire, fino all'orlo estremo di un'elisione.
C'è qualcosa di "lacerante, di inumano, di instancabilmente superficiale" nei personaggi di Walser, scriveva Benjamin. Come figure di fiaba strappate a un incantesimo, si muovono con cautela nel mondo reale, quasi in stato d'ipnosi, in bilico tra lievità e vertigine, funamboli in divisa sul filo di un ambiguissimo insegnamento all'umiltà.
Che cos'è dunque questo diario apparentemente privo di accadimenti e di progressione: un romanzo di formazione sulla liberazione dall'Io o una parodia, un atto d'accusa contro la civiltà e i suoi valori?
Che cosa ha veramente imparato Jakob nell'Istituto Benjamenta?
A essere "qualcosa di molto piccolo e subordinato", come lui stesso afferma? E questo sottende un patto con la società e i suoi principi pedagogici? O piuttosto lo disattende.
E in questa riduzione ai minimi termini, a diventare sempre più sconosciuto a se stesso, sottraendosi così a un pensiero che si illude di poter dare alla vita senso e ordine.
E proprio per questo - lasciarLa - finalmente vivere.
"E se io andrò in pezzi e in malora, che cosa si romperà, che cosa si perderà? Uno zero".
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