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di Bertolt Brecht
regia Claudio Longhi
musiche originali Hans-Dieter Hosalla
traduzione Mario Carpitella
con Umberto Orsini
Nicola Bortolotti, Simone Francia, Olimpia Greco, Lino Guanciale, Diana Manea, Luca Micheletti, Michele Nani, Ivan
Olivieri, Giorgio Sangati, Antonio Tintis
Dramaturg Luca Micheletti
scene Csaba Antal
costumi Gianluca Sbicca
luci Paolo Pollo Rodighiero
Teatro di Roma, Emilia Romagna Teatro Fondazione
orari spettacolo
ore 21.00
giovedì e domenica ore 17.00
lunedì riposo
dal 22 al 25 aprile riposo per festività pasquali
"Buffa" e mordace parabola satirica sulla corruzione del potere, La resistibile ascesa di Arturo Ui racconta la cronaca nera della Berlino degli anni Trenta invasa dalle squadracce naziste, trasferita per invenzione dell'autore in una coeva Chicago in cui l'industria magnatizia del commercio dei cavolfiori prospera all'ombra sinistra del gangster Arturo Ui, satirico "alias" di Adolf Hitler. Scritta tra il 1940 e il '41 dall'esilio finlandese, Brecht definirà in seguito l'opera una «farsa storica», dato il piglio ironico, salace ed «epico» al contempo con cui essa ricostruisce la tragicomica epopea di un trust scalcagnato in una città corrotta, ammiccante alla situazione economico-politica in dissesto nella Germania dello stesso periodo.
Con Umberto Orsini assoluto protagonista nel ruolo del titolo, affiancato da una troupe giovane e affiatata, lo spettacolo intende assecondare pienamente l'ispirazione grottesca del copione, conferendo all'apologo una dimensione "circense", dove l'incisiva brevità dei singoli "numeri", l'equilibristica retorica della sopraffazione mafiosa, la serie rocambolesca dei fatti di cronaca narrati e messi alla berlina attraverso la lucida comicità di cui Brecht si serve come arma storico-critica, traducono la parabola in una "rivista" briosa e nitida, caustica ed elegante sul tragico nonsenso del nostro passato.
Inoltre, l'evocazione, legittimata dallo stesso autore, d'un modello d'indiscutibile peso come il chronicle play shakespeariano alla Riccardo III, riferimento classico presente nella riscrittura "comico-realistica" di Brecht come ideale pendant per un confronto parodico, è utile per la definizione del repertorio in cui l'autore prevede che la propria pièce vada inserita: quello del «grotesque» - o del «burlesque» - in fervido, smaliziato, necessario e consapevole dialogo appunto con i classici; un genere, questo, che Brecht conosce bene e interpreta magistralmente fin dai tempi dell'Opera da tre soldi, geniale parodia d'un burlesque vero e proprio, The Beggar's Opera di John Gay, a sua volta parodia del melodramma italiano.
In questo fantasioso gioco di specchi non deve mancare l'esaltazione di un aspetto particolare dell'opera e dell'autore, spesso misconosciuto, ossia la vocazione, ardita e buffa insieme, al "surreale" cui il copione, seppure steso con piglio materialista e apodittico, comunque non sfugge. Arturo Ui è infatti anche una versione fantasmagorica, moralistica senza miopie e brillante senza compiacimenti, dell'antico adagio della legge del più forte e del più astuto, quello continuamente riscritto in modi diversi ma analoghi dai commediografi di ogni epoca, da Plauto in poi; così, un po' come nel nostro Candelaio, rutilante fantasia sul mondo delle ribalderie protobarocche, in Arturo Ui non mancano né i momenti puramente carnascialeschi né i cantucci chiaramente destinati alla riflessione «straniata», utili "controcampi" da cui guardare ai fatti grotteschi rappresentati sulla scena e chiarirsi le idee, prima di continuare, più consapevoli, a ridere.
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