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Schegge&Racconti
Lucia Mascino legge Pierluigi Cappello
info e orari
ore 16.00
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#TdrOnline continua il proprio percorso nella parola poetica, affidata alle voci e ai volti di attrici e attori italiani. Questa è la volta di Lucia Mascino, che si dedica a uno dei poeti contemporanei italiani più amati, Pierluigi Cappello.
Anni fa ho conosciuto Pierluigi Cappello.
Leggendo le sue poesie ho sempre pensato che avrei voluto abbracciare il suo parlare. So che è difficile, quasi impossibile, leggere le poesie ad altri. A leggerle tra sé e sé sono canto, a voce alta diventano semplice dire. Eppure, in questo tempo di immobilità mi è venuto in mente proprio lui, Pierluigi Cappello. Lui che ha saputo dare spazio, profondità e aria al suo pensiero; per dirla in un modo più dritto, lui che ha saputo correre e volare nonostante la sua immobilità.Quella voce nuda (gli rubo il titolo che lui stesso ha dato a una lectio magistralis che tenne anni fa all’Università di Udine) è stata capace di stare nel presente e di diventare grande. Grande senza spingere, grande come l’aria che si sposta e lascia spazio, grande attraverso un lungo lavoro di ricerca sulle parole per trovare una semplicità quasi arcaica. Le parole, come dice Pierluigi, sono materia fatta di suono e silenzio e proprio in questa materia mi sono rifugiata, in questo momento in cui tutto si è fermato e in cui dobbiamo trovare una nuova forma di stare.” (Lucia Mascino)
Le poesie lette da Lucia Mascino sono tratte dalla raccolta «Un prato in pendio» (Rizzoli)
Lettera di Francesca Archibugi al poeta Pierluigi Cappello
Cara Lucia,
Sono davvero contenta della tua idea di rileggere delle poesie di Pierluigi e leggerle a un pubblico speriamo vastissimo!
E’una cosa che fai per adesso, ma resterà agli atti, sono certa. Pierluigi Cappello è un vero poeta, di quelli che resistono alle spettinate ‘des vagues’.
E’stato un amico speciale. Ne provavo anche un po’ di soggezione, perché era del tutto spoglio delle recite mondane alle quali ogni tanto ci tocca sottometterci.
Non apparteneva al mio mondo, al nostro mondo. E quando si stava con lui, era come guardarci dalla luna. Aria diversa, strabiliante. La vita poteva essere altro.
Ho fatto un documentario per raccontarlo, Parole Povere, come una delle sue poesie più belle.
Io, di Pierluigi, avevo letto il libro che aveva vinto il premio Viareggio,’Mandate a dire all’imperatore’. Mi piace la poesia contemporanea, la seguo. In modo magari sempliciotto: se un libro vince il Viareggio, lo compro. Non sapevo niente di lui. Le sue poesie mi piacquero tantissimo.
Dopo un anno, il Mittelfest di Cividale, un festival musicale molto bello e importante, propone a Battista Lena, mio marito, e al suo quintetto un lavoro con Pierluigi. Come spesso capita, Battista ha conosciuto la poesia di Pierluigi attraverso me che gli leggevo alcune poesie la sera prima di addormentarci.
Alla prima poesia ha protestato, poi ha smesso. L’occasione di quel concerto era meravigliosa, non potevo perderla, volevo filmare, abbiamo organizzato tutto, cineprese, montaggio, produzione. Il documentario è nato così, come spesso accade, nell’aria di casa e per caso.
Mi ha dato la possibilità di stare molto in Friuli, di andare a Chiusaforte, di conoscere i suoi amici, i suoi luoghi, di sapere delle cose di lui anche intime. Marguerite Yourcenard sostiene che le domande non sono mai indiscrete, le risposte talvolta lo sono. Ci siamo regolati così. Potevo domandare tutto.
Siamo diventati amici. Ci siamo fatti tantissime risate. Abbiamo mangiato tantissimo frico, formaggio fritto, e bevuto molto vino friulano. Parlarti delle poesie, non so farlo. Penso che vadano lette, o ascoltate da te che le leggi. So solo che sembrano semplici, ma la semplicità è un punto d’arrivo e non di partenza. Pierluigi era un uomo coltissimo che conosceva la poesia profondamente, i segreti e i metri, la storia e l’evoluzione. Le sue poesie hanno una grandissima perizia tecnica ma che è impossibile avvertire, perché la vita che raccontano è così anomala, veritiera eppure sconosciuta, che ti scordi delle parole esatte e levigate. Perdono il concetto stesso di parola e si fanno impulso psichico. Qualcosa che viene prima dell’immagine. Prima del sentimento. Prima del linguaggio.
Posso parlarti di lui e cercherò di non essere smielata.
Frettolosamente viene definito “il poeta paraplegico” e questa definizione mi fa venire le bolle.
Pierluigi era un poeta e lo sarebbe stato anche se avesse potuto vincere tutte le maratone. Su di lui si tenta sempre di fare folklore pietistico e questo non è solo ingiusto, è offensivo.
Nel suo stare spesso recluso, dentro casa, una quarantena permanente, non c’è troppa assonanza con quello che possiamo vivere in questo momento. Pierluigi era fermo ma il mondo si muoveva e veniva a rendergli omaggio nel container da terremotato in cui ha vissuto per anni e anni. Come fosse un imperatore. Non era immobilizzato e imprigionato, era l’uomo più libero che abbia conosciuto.
Nell’ultimo periodo, quando stava male, mi leggeva le filastrocche per Chiara, la figlia del fratello, al telefono. È l’ultimo ricordo che ho di lui. La sua voce e dei versi allegrissimi. Adesso forse avremmo fatto una videochat e magari l’avrei conservata per i giorni in cui mi manca di più.
Ti mando un grande bacio, e leggi bene come sai fare.
Francesca
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