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Avanti, 1 aprile 2007
La danza dà gioia a Shakespeare
Un inno all'amore e alla giovinezza Romeo e Giulietta. E un balletto che conquista sempre comunque lo si voglia realizzare. Magari semplificandolo e recando alla storia un finale che annuncia teneramente una possibile rigenerazione. Come ha inteso fare Mauro Bigonzetti con questa sua svelta e bella coreografia creata in sinergia con Fabrizio Plessi , artista visivo di fama internazionale, per l'Aterballetto. Compagnia che, fuori da quelle ufficiali dei teatri lirici, continua ad essere la più agile, fresca, coraggiosa formazione di danza che l'Italia possiede. E che dopo una lunga assenza, dopo ventitre anni (la cosa suona persino strana), è tornata a Milano con questo interessante Romeo and Juliet. In quel Teatro degli Arcimboldi che, pur ancora vuoto di vertici direttivi, il pubblico sembra sempre di più premiare e la danza a trovare la sua sede ideale. A dimostrarlo anche i recenti passaggi della Guillem e dei Trocadero.
Scardina Bigonzetti la vicenda partendo dal fondo, dalla cripta dove giacciono i due giovani amanti veronesi, per tornare indietro e celebrare in una apoteosi di rinascita il messaggio positivo, quasi salvifico della coppia shakespeariana che qui appare moltiplicata. E compone un balletto, magnificamente danzato, che tra energiche scene collettive ed elaborati passi a due, funziona soprattutto quando la danza si ambienta nelle suggestive visioni scenografiche ideate da Plessi. Quadri che acquisiscono grande forza drammaturgica nonostante l'annullamento, o quasi, del racconto e l'assenza dei personaggi secondari (qui non hanno più peso le famiglie rivali), come ad esempio quello dell'acrobatico passo a due danzato all'interno di un ventilatore gigante che isola la coppia in un luogo segreto: O quello finale, non meno suggestivo con i due protagonisti che rinascono, nere silhouttes su sfondo rosso, in cima a due montagne geometriche. Per Bigonzetti, la storia di Romeo e di Giulietta, riscritta con uno stile moderno ma che non rifiuta del tutto il classico, a tradursi in una manifestazione della gioia di vivere, come quarant'anni fa, pur con altra sensibilità, aveva fatto anche Béjart. Il pubblico, soprattutto quello giovanile, apprezza e decreta un vibrante successo.
Domenico Rigotti
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