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traduzione e adattamento Ken Ponzio, Antonio Latella
regia Antonio Latella
con Giorgio Albertazzi, Silvia Ajelli, Evita Ciri, Giuseppe Lanino, Angelo Montella, Annibale Pavone, Rosario Tedesco, Elisabetta Valgoi
scene e costumi Fabio Sonnino
realizzazione costumi Cinzia Virguti
realizzazione scena Marco Di Napoli
assistente alla regia Alessandra Limentani
regista assistente Tommaso Tuzzoli
orari spettacolo
ore 21.00
domenica ore 18.00
lunedì riposo
produzione Teatro di Roma, Nuovo Teatro Nuovo
È sul corpo che vedo Re Lear.
Vedo la pelle come se fosse una pergamena, carta antica e preziosa su cui tracciare il percorso di una vita e incidere le parole nella loro totalità, nel loro essere verbo, carne, cibo necessario alle menti e all'anima di noi viaggiatori.
Un Testo/Testamento, assoluto nella sua terribile semplicità e nella sua semplice complessità.
Una storia di padri, di figli e di figlie.
Parto da una domanda: perché quest'uomo non aspetta il suo tempo ma decide di sfidare la sua fine dividendo il "tutto" in tre parti ed assistendo all'autodistruzione di un regno e di un'epoca?
Alla parola regno sostituisco la parola teatro.
Un luogo che diventa mondo:
"Questo cerchio di legno...questa O...questo mal levigato palco"
Sento il bisogno di costruire uno spettacolo dove la quarta parete esploda.
Un muro di occhi esplorano, spiano, vivisezionano la mappa che il Re consegna nelle mani delle figlie, quella mappa spezzata in tre, quel corpo che si consegna in un atto finale di amore e di distruzione; come un kamikaze, che nel suo gesto estremo di follia pretende che la parola FINE significhi PER SEMPRE.
Ecco quindi il bisogno di costruire uno spettacolo da camera, dove ogni singolo spettatore possa tuffarsi negli occhi, nelle maglie del tempo, nelle pause, nei respiri, nei tremolii mai incerti, nella follia bambina del maestro Giorgio Albertazzi.
Quasi come se ogni spettatore potesse spiare il tutto con un'enorme e privata lente di ingrandimento e assistere non ad una spettacolarizzazione del Re Lear, ma ad una
incisione indelebile nel percorso di una vita.
Rubare da un diario privato, da una prova, da un gioco di messa in scena sulla propria fine. E ridere di tutti, lasciando che la propria follia prenda per sempre il "costume" di una vita e riconsegni alla natura l'uomo con tutto il suo tempo.
Antonio Latella
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