LENIN E LO ZAR
I due treni della rivoluzione
Ci sono due treni che attraversano la Russia aprendo e chiudendo il corso del secolo, a distanza di venti giorni nei primi mesi del 1917. Viaggiano l’uno con i dignitari di una Corte allo sbando, l’altro con un carico rivoluzionario di bolscevichi che tornano in patria dall’esilio. Ma in realtà è come se avessero entrambi un solo passeggero: lo Zar Nikolaj II sul treno imperiale, in un tragitto disperato dal trono al caos; e Vladimir Ilic Ujianov, conosciuto come Lenin, che sul treno tedesco vuole ricongiungere il suo destino alla rivoluzione attesa da anni, e appena scoppiata a Pietrogrado. Lo Zar ha appena saputo dell’insurrezione, e ha deciso di raggiungere la sua famiglia a Zarskoe Selo, dove i figli sono a letto con la rosolia. Ma binari divelti, ferrovieri ribelli, bande in movimento deviano il treno, che finirà sul binario di campagna di Pskov. Qui l’Imperatore riceve i messaggi che arrivano dal fronte, con i comandanti dei reparti che lo invitano ad abdicare per salvare la dinastia. Decide di accettare, prima in favore del figlio, poi del fratello Mkhail, per proteggere lo zarevic malato: “attorno a me – scriverà nel diario – tradimento, inganno e viltà”. Queste notizie incerte raggiungono Lenin a Zurigo: vuole rientrare, ma deve attraversare la Germania, da tre anni in guerra con la Russia. Cerca mille espedienti, alla fine negozia con i tedeschi (interessati a sobillare la Russia con la predicazione bolscevica) il viaggio su un treno con le porte chiuse, senza altri passeggeri che i rivoluzionari, senza controlli alle frontiere e alle stazioni: è il treno piombato, che corre nella leggenda da un secolo.
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