ideazione, testo e performance Daria Deflorian e Antonio Tagliarini
produzione Teatro di Roma
con il contributo dell’Imaie e la collaborazione di Area 06, Rialto Santambrogio, Florian TSI, Centro Artistico Grattacielo, Armunia
organizzazione, promozione e ufficio stampa PAV
debutto: Roma, Festival Short Theatre, Teatro India, 9 settembre 2008
1978. Café Müller di Pina Bausch. Un infarto teatrale nel mondo della danza. Un evento artistico, un pezzo di storia dell’arte del ‘900. Ci siamo impegnati a raccontare questo miracolo artistico senza mai farlo vedere al pubblico e nel raccontarne la indicibile magia ci siamo ritrovati a parlare di noi, delle nostre famiglie, dei nostri amori e degli inizi e delle fini, di 2001 Odissea nello spazio di Kubrick e di Mastroianni, di Madonna, dell’11 settembre e di Kennedy. Non per divagare, ma per verbalizzare la nostra esperienza come spettatori di fronte ai suoi lavori e la nostra nostalgia per qualcosa che non può tornare. Ora che Pina Bausch se ne è andata, è rimasta la sua lezione: i suoi spettacoli sono sempre stati cartine di tornasole dell’esistenza, spettacoli fatti per chi li guardava, spettacoli non di intrattenimento ma che volavano via e che avresti voluto durassero giorni e non ore, spettacoli non istruttivi, non critici, non politici, non sociali, spettacoli di spietato antinaturalismo ma da cui uscivi con un rinnovato senso di realtà, spettacoli dove la frammentarietà non toglieva nulla alla fortissima autorialità dell’insieme, spettacoli divertenti e commoventi , spettacoli che univano indissolubilmente umanità e forma. Come non voler fare teatro dopo averli visti? Come non voler fare danza dopo averli visti?
Daria Deflorian e Antonio Tagliarini
Estratti di rassegna stampa
Forse nessun altro spettacolo recente esprime meglio la totale frantumazione del concetto di “opera” quanto lo spettacolo Rewind di Daria Deflorian e Antonio Tagliarini: il suo stesso riavvolgersi su Cafè Müller di Pina Bausch, un monumento dell’arte del ‘900, genera un effetto di distrazione a cui nulla pone rimedio, neanche la levità calderiana delle precarie sculture di sedie che in scena prendono il posto del corpo e del dramma (...) E quel poco che si vede, attraverso quel tanto che parla, è il relitto sbiadito, solitario, irriconoscibile di una registrazione in tutto puntualissima, fatta eccezione per la vita. Lo studio per Rewind è la deriva di uno spettacolo che si potrebbe o non si potrebbe fare, un film falado nell’era dell’inconsistenza dei discorsi o, se si preferisce, una frustrante telecronaca senza schermo.
Attilio Scarpellini, www.differenza.org, marzo 2008
Le sedie e le presenze che danzavano in quel Cafè Müller, ovvero gli artisti storici di Bausch, le lampadine improvvise e i falli della memoria («ma forse io dal vivo non so se l'ho visto»), le musiche storiche dello spettacolo che scandiscono ora i ricordi personali e privatissimi dei due sulla scena, la presenza di una danzatrice/totem in tutù, insieme a tanti altri momenti, disegnano una autobiografia collettiva sincera e struggente, ambigua e inquietante. Come è spesso il teatro, e in particolare quello della grande maestra di tutti, santa Pina da Wuppertal.
Gianfranco Capitta, il Manifesto 21 Settembre 2008
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